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Le due bandiere
Il ragazzo tornato indietro a riprendere la bandiera del piccolo esercito in disfatta, si nascose svelto dietro un pino. Stringendosi nel tabarro troppo grande, per lui così esile, cavò dalla tasca lo straccio bianco e lo ficcò dentro il cappello: l'esercito avversario non poteva vantare una completa vittoria senza aver conquistato quell'insegna. Un mucchietto di neve lo centrò sul tricorno e interruppe i suoi pensieri, guardò verso l'alto e vide il corvo che si dondolava sopra un ramo. " Ti ci metti anche tu" pensò scrollandosi la neve dal cappello. Il corvo gracchiò petulante.

"Non mi seccare, potevi avvisarci prima". Mormorò tra sé il ragazzo. "Ogni tattica di battaglia dovrebbe prevedere una spia". Il corvo scese sul ramo più basso e sbatté le ali per attrarre la sua attenzione. Con il becco sembrava indicare un punto lontano sullo spiazzo innevato, con ostinazione, come avrebbe fatto un uomo puntando l'indice. Il ragazzo lo guardava inebetito. Il corvo protese di nuovo il becco in direzione delle fortificazioni avversarie, su cui sventolava uno straccio rosso.

- Sono sguarnite! - esclamò folgorato. La tattica degli avversari era stata così audace e repentina che aveva previsto solo un attacco concentrato ed efficace, ma non la difesa del loro emblema. Ma ora come dare scacco matto e conquistare la bandiera rossa? Il corvo si spostò dolcemente sulla spalla del ragazzo, il suo compito era esaurito: aveva fatto la spia per la parte perdente, adesso però dovevano cavarsela da soli.

Nel frattempo i vincitori stavano devastando la barricata nemica alla ricerca della bandiera bianca. Un gruppetto aveva allineato i prigionieri e ficcava convulsamente le mani nelle loro tasche alla ricerca della bandiera bianca. Il più grande li stava contando e li guardava in faccia, uno ad uno.

Dal suo nascondiglio il ragazzo si sentì perduto; solo la sorpresa, alleata di ogni soldato, avrebbe potuto salvarlo. Il corvo nero si spostò lentamente dalla spalla all'avambraccio.

Il generale nemico aveva ultimato il controllo e si era mosso alla ricerca dell'ultimo soldato, il più piccolo, il più nascosto, il meno guerriero. Il ragazzo sbucò fuori all' improvviso, il tricorno di sghimbescio sulla testa, nella mano sinistra reggeva l'insegna del suo plotone, sul braccio destro, teso come una lancia, il corvo sbatteva le ali nere della battaglia. Si precipitò verso il quartiere nemico con un urlo terribile, le ali del corvo sembravano sospingerlo nella corsa. Il generale guardava stupito l'apparizione di quell'ultimo soldato, poi si riscosse e prese ad inseguirlo. Il ragazzo era ormai vicino alla barricata, ma il parapetto era alto e sentiva alle sue spalle le poderose falcate del nemico affondare nella neve. Doveva soltanto scavalcare quel muro ed afferrare il vessillo rosso. La distanza tra i due stava diminuendo e gli occhi di tutti erano calamitati su quell' inseguimento decisivo per gli esiti della battaglia. Il generale nemico, ormai alle spalle del ragazzo, allungò una mano per carpire lo straccio bianco, quando il corvo si girò di scatto e sbatté le lucide ali nere davanti al volto dell' inseguitore.

Per un attimo l' inseguimento cessò, l'aria rimase immobile in quel tramonto invernale. I ragazzi videro quel lungo tabarro marrone scagliarsi sulla barricata di neve, salire con un guizzo e scomparirvi dietro. Poi spuntò una mano che agitava la bandiera rossa, mentre i rintocchi della campana del vespro avevano spinto in alto, sopra le chiome dei pini, il corvo nero.

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