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Enrosadira
C'est un ouvrage de Mineralogie auquel je donne le titre de Pilosophie mineralogique et je l'ecris dans les interlignes des livres quej'ai. Mais quand ce sera ftni, qu eferai-je?
DOLOMIEU


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I rumori della prigione all' alba lo svegliarono, come sempre. Un' altra buia mattina stava prendendo il posto di una cupa notte. L' opprimente oscurità di quella cella aveva ormai spento nella sua mente ogni desiderio, ogni forma, ogni colore. La grata era stretta ed alta e da essa filtrava soltanto una lama di luce, opaca, lattiginosa.

Si rivoltò sulla panca a testa in giù:

meglio gli occhi serrati e il buio totale, di quella elemosina di luce dispensata da una prigione borbonica.

La memoria. Ecco il suo solo rifugio, il luogo dove ricercare le forme e i colori della sua vita passata. I bagliori della rivoluzione nelle piazze di Parigi, il paesaggio di Isère, dov’ era nato, le colate nere di lava dei vulcani che aveva studiato e le montagne, le sue montagne....

Sì, quelle incredibili scogliere di corallo che erano emerse milioni di anni prima dal mare primordiale,

Si spostò su un fianco, allungò un braccio e, sempe con gli occhi chiusi, toccò il muro ruvido della cella.La nascita delle Dolomiti – perché così i posteri avrebbero dovute chiamarle – aveva aggiunto altri colori a quella parte del pianeta. Nella tavolozza di quell’angolo della Tetide, in cui dominava l’azzurro delle acque, erano emersi i bagliori caldi del corallo in tutte le sue tonalità.

Erano ormai alcuni mesi che quei monti occupavano i suoi pensieri e le monotone giornate della detenzione a Messina di Dieudonné Sylvain Guy Tancrède de Gratet de Dolomieu.

I pensieri del risveglio, di un risveglio senza colori, senza natura, senza montagne.

Alla fine decise, controvoglia, di aprire gli occhi “Dopo tutto – si consolò con una smorfia – le pietre di questa prigione si alzano sullo stretto di Messina, nel centro di un azzurro mediterraneo”.

Così, come ogni mattina, prese la Bibbia che gli avevano graziosamente messo vicino alla panca, e si rannicchiò sotto la luce della grata.

I bordi bianchi del libro contenevano le prime osservazioni mineralogiche, scritte con grafia minuta; un’intera pagina era occupata dalla formula del Carbonato doppio di Calcio e Magnesio seguita da un punto esclamativo.

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Quella mattina, mentre stava per riprendere il suo lavoro, gli occhi gli caddero sul versetto ai cui bordi aveva appoggiato la penna: “Rallegratevi, monti, con grida di gioiua, tu foresta e voi tutti alberi in essa”.

Dolomieu sorrise e chiuse gli ancora gli occhi per ritrovare il colore di quelle montagne, il colore del tramonto su quelle montagne.

Nel suo viaggio in Tirolo, alla fine di un giorno di lavoro, si sedeva e fissava rapito la trasparenza delle rocce con la luce radente del sole che sembrava far riaffiorare tutta l’intensità del corallo sul cobalto del cielo.

Accanto al versetto Isaia 44.23, scrisse “Enrosadira”. Finalmente l’aveva ritrovata quella parola nella sua memoria, dopo averla persa per tanto tempo. Era così che, nella strana lingua ladina, i montanari del luogo chiamavano quello stato stato di grazia del colore delle montagne nell’ora del tramonto.

Ma non tutti i giorni il miracolo si ripeteva….

Ecco, ora il lavoro era finito, mancava solo il titolo, un titolo che contenesse un frammento di quella luce; e fu quella mattina che Dolomieu concepì per la sua opera il titolo di Philosophie minèralogique.



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