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Ladri e guardie
Lo Scrittore
È una personalità romantica, ricca di immaginazione e che di quest'ultima ha assoluto bisogno per identificare se stesso. La dimensione letteraria è quella in cui si muove: l'esperienza quotidiana si intreccia con l'esperienza della scrittura, e tutte e due si influenzano a vicenda.

Lontano dall'aver raggiunto il successo letterario, è autore di "libracci", che egli per primo giudica negativamente. Forse è per questo che il suo talento letterario si realizza al meglio nella vita reale, dove c'è bisogno di inventiva, immaginazione e spirito di osservazione.

Perfino i rapporti personali sono vissuti attraverso la mediazione dell'immaginario letterario. Lo Scrittore, alias maresciallo Frassineti, è un uomo che è facile alle infatuazioni e forse il suo quasi innamoramento per la bella Elga Folghe-raiter è più legato alla sfera della letteratura che a quella della realtà. Lo Scrittore ama, più che la donna reale, l'idea del racconto d'amore.

Ogni suo comportamento è strettamente legato a esperienze letterarie. Per la "messa in scena" del Commissariato sceglie di chiamarsi Frassineti, prendendo il nome di uno scrittore satirico che ha sempre ironizzato sul mondo della ministerialità.

Nel suo diario, come nelle sue frasi e nei suoi atteggiamenti, è costante il riferimento a certi "miti letterari". Edgar Allan Poe, De Quincey, Gadda, Borges e Foscolo sono i nomi che affiorano nella sua cultura di scrittore e di apprendista malvivente. I racconti del mistero di Poe, la personalità inquietante, provocatoria e raffinata di Thomas De Quincey - autore di "storie nere", «attratto dal delitto come la fragranza di una brioche non mangiata» -, la forza narrativa di Gadda, la filosofia del mistero di Borges, la profondità pessimistica di Foscolo ispirano la vita e i pensieri del nostro Scrittore.

Il diario dello Scrittore, così scopertamente "esercizio letterario", è parte anch'esso di un modello di vita che ha bisogno di essere narrato. E non è casuale che sia proprio lo Scrittore a progettare la messa in scena iniziale e a documentare passo dopo passo l'evolversi di una vicenda che -stranamente per lui - diventa via via più complicata e più interessante della trama di un romanzo.

Il rapporto con la realtà si modifica attraverso la letteratura, che a sua volta viene superata dalla realtà, e il modo di scrivere come le scelte narrative ne vengono ovviamente influenzate. 11 "sogno" letterario, nsomma, si concretizza e la letteratura da rifugio sì trasforma in strumento di comprensione e intetpretazione della realtà stessa.

Il Piromane
È il personaggio forse più problematico, sicuramente il più contraddittorio.

E un uomo refrattario alle regole e alle imposizioni, una sorta di "inventore" di situazioni e di rapporti, uno a cui piace movimentare la realtà e a cui riesce difficile adeguarsi alla routine.

Le sue abitudini di vita lo fanno somigliare molto a certi personaggi dei film americani degli anni Cinquanta: creativi, ribelli, sempre con un bicchiere di whisky in mano, razionali. La sua identità "poliziesca" — il commissario Justerini — rinforza questo elemento di distinzione rispetto agli altri "complici". Infatti, il nome di Justerini è mutuato dalla sigla che compare sulle etichette del whisky J&B.

Un commissario un po' sui generis, certo, che ha come strano passatempo quello di appiccare incendi. Il Piromane manifesta il proprio spirito di ribellione e la sua insofferenza attraverso il fuoco e il fascino distruttivo e potente che da questo emana. In questo rapporto "sentimentale" con il fuoco, che si osserva, si conosce, di cui in qualche modo ci si innamora, il Piromane ha un precedente illustre nello scrittore Robert Louis Stevenson, l'autore dell'Isola del tesoro.

Stevenson aveva visto da Monterey anche tre incendi contemporaneamente, «di giorno un nuvolone di fumo, di notte una massa di carboni rossastri in conflagrazione». Bastava niente a scatenarli, e, se il vento era favorevole, «galoppavano per miglia e miglia più veloci di un cavallo». Visitare quei boschi «mentre bruciavano languidamente» era il suo divertimento preferito... Stevenson volle appiccare il fuoco al «suo albero», per vedere dall'inizio lo sviluppo e la rapidità del processo. Accostò l'accendisigari a una conifera isolata...; in un istante l'albero si accese come un razzo, in tre secondi era una roboante colonna di fuoco. Voci di uomini in affanno e il balenio di un'ascia consigliarono al piromane amateur la fuga più rapida della sua vita...» (R. Mussapi, Tusitala, Milano, 1991).

Gli incendi del Piromane di Serpentara P.S. sono meno suggestivi ma altrettanto affascinanti e distruttivi.

E probabilmente la contraddittoria personalità del nostro personaggio ad averne fatto un "capo". E lui infatti, morboso ma creativo, il boss indiscusso del gruppo. L'incapacità di vivere normalmente gli ha fatto sviluppare abilità e qualità che servono soltanto in situazioni straordinarie.

Il Piromane, infatti, dovrà - in quanto commissario di Pubblica Sicurezza - vivere l'avventura di complesse indagini per scoprire loschi traffici e smascherare degli assassini; in quanto "ladro" dovrà dar fondo a tutte le sue risorse creative per riuscire a rubare il denaro incamerato dalla mafia.

Il Ladro
È il personaggio dalle caratteristiche fìsiche più marcate, un gigante buono che trasmette un'immagine di forza rassicurante a tutti gli onesti che varcano la soglia del Commissariato della Serpentara. Questa sua stessa "grandezza" incute timore e preoccupazione negli altri personaggi, il cui perbenismo è solo apparente; essi sentono, evidentemente, l'incombente presenza di una vigorosa giustizia — il Ladro nella finzione vuole essere un brigadiere, il brigadiere Pedersolo -, ed essi vedono in lui una figura minacciosa che proietta un'ombra inquietante.

Anche il suo passato nel romanzo è coperto da un'ombra: è certo un ladro professionista, probabilmente spinto verso questa poco nobile professione da un impulso ossessivo a rubare. E anche certo che ha conosciuto il Piromane in prigione, probabilmente nel vecchio carcere di Regina Coeli a Roma, dove ha condiviso la cella con Dolcestoria, l'uomo della "Morgue", il Quasimodo delle patrie galere, amico del Ladro.

E il più silenzioso dei cinque di Serpentara P.S., sembra quasi che, cosciente del suo ingombro fisico, non voglia troppo rappresentarsi.

Spesso assume un'aria distante, diversa, da omosessuale platonico... forse è il suo passato da galeotto che non deve essere rappresentato, che merita di essere rinchiuso in una rude privacy.

Il Ladro, come e più degli altri, subisce il fascino del repentino cambiamento di status, impersona immediatamente il brigadiere del Commissariato della Serpentara e coglie le opportunità vaste e inesplorate del suo nuovo ruolo.

Nel primo giorno di vita del Commissariato, quando lo Scrittore, conquistato dalla grazia innocente della Folgherai-ter, le dice: «Con la sua sincerità e con la sua bellezza lei è entrata qui, ha trovato tre poliziotti e li ha fatti diventare tre uomini», il brigadiere Pedersolo corregge: «Oppure ha trovato tre uomini e li ha fatti diventare tre poliziotti!». E quando alla fine della storia la Polizia di Stato trasforma Serpentara P.S. in un vero Commissariato e cambia perfino la targa all'ingresso, il Ladro li ferma: «La targa no! Lasciate la nostra, non lo vedete che è fatta meglio, questa che avete portato dalla Questura pare una di quelle di Cinecittà!.».

Mandrake
È il figlio dello Scrittore. Poco più che adolescente, partecipa alle imprese della banda di scassinatori con un po' di incoscienza e con molto gusto dell'avventura. È una partecipazione vissuta con grande serietà e coinvolgimento.

Sicuramente influenzato dall'immaginario letterario del padre, il ragazzo dimostra anche dalla scelta del suo soprannome il fascino che su di lui esercitano le illusioni. Mandrake è uno dei personaggi mitici del fumetto: è il mago che risolve le situazioni ed esce indenne da avventure straordinarie e improbabili grazie alla sua abilità di illusionista.

Il giovane Mandrake preferisce alle suggestioni letterarie del padre la dimensione illusionistica della vita quotidiana; vuole, insomma, inventarsi giorno dopo giorno la vita e viverla, non scriverla su un pezzo di carta.

E sicuramente dotato di grande fantasia. Ogni preresto banale è occasione per una "messa in scena", che gli permette di gustarsi ogni dettaglio, anche il più modesto.

Ha una ragazza con cui condivide un rapporto appena abbozzato ma sicuramente allegro e fatto di piccole invenzioni per immaginare e costruire un futuro prossimo gradevole e appetibile. Ma lei lo ha capito?

Il Cinese
E in realtà un vietnamita, la famiglia è arrivata in Italia forse sull'onda della tragedia di una delle varie guerre che hanno sconvolto il Sud-Est asiatico.

Il Cinese è continuamente atte prese con un problema di identità razziale e culturale. Il suo aspetto asiatico lo fa identificare sbrigativamente come "cinese", privandolo quindi del riconoscimento delle proprie origini. La sua integrazione culturale è ostacolata anch'essa dal suo aspetto, nonostante egli si comporti in maniera affine agli altri e abbia assunto i tratti culturali del paese che lo ospita.

Vive questo suo stato di perenne transizione in maniera, comunque, ironica e divertita. Scherza spesso, sdrammatizza con battute spiritose certe situazioni apparentemente difficili.

La scelta dello pseudonimo conferma questo aspetto del suo carattere: Osvaldo Cimini - O. Cimini - richiama il nome del mitico presidente del Vietnam del Nord Ho Chi Minh. Il Cinese riafferma così, ironicamente ma nettamente, l'orgoglio delle sue origini.

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