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Tin Tin, Milou e l'avventura possibile
Dal fumetto di Hergé al film di Spielberg. Come è stato possibile?
Credo di appartenere all'ultima generazione - quella cresciuta nell'immediato dopoguerra - che ha portato i pantaloni alla zuava. Sentivamo acuto tutto l'imbarazzo di quel lascito anteguerra, così li abbandonammo subito e l'indomani arrivarono i jeans sulle bancarelle dei porti, direttamente dalle navi americane.

Ma Tin Tin continuava indomito a indossare i suoi pantaloni marroni alla zuava: una costante intergenerazionale? il personaggio certamente. Forse anche oltre le intenzioni di Hergé, che lo ha radicato su storie legate alla sua epoca.

Ma cercare di scoprire come può essere avvenuto, come un ragazzetto con i pantaloni alla zuava possa essere finito, in pieno XXI secolo, nella performance capture di Spielberg e Jackson, questo è il compito che mi propongo. E mi propongo di svolgerlo come un reporter, procedendo per indizi e prove... insomma come avrebbe fatto Tin Tin.

Anzitutto rileggete o leggete per la prima volta almeno una storia di Hergé perché vi salterà agli occhi quel particolare punto di fusione creativo che c'è tra segno e racconto, una piccola perfezione non facilmente raggiungibile.

Ligne claire
Georges Remi, in arte Hergé, creò abbastanza presto lo stile denominato ligne claire, adottato da una scuola di autori franco-belgi, connotato dalla nettezza e dalla limpidità della grafica. Alla pulizia del segno corrisponde l'accuratezza delle scenografie fin nei minimi dettagli, la solarità di molte tavole grandi (basta guardare ad esempio quelle dell'idrovolante che si schianta nel deserto del Sahara ne Il granchio d'oro) che hanno uno straordinario impatto visivo e grande varietà nel taglio cinematografico delle vignette, con una predilezione dei piani ravvicinati dei personaggi. Ed è come se quell'avventura, che sia in Tibet o sulla Luna, in Congo oppure in Unione Sovietica, potesse essere raccontata soltanto da quel segno e con quel montaggio.

Avventure vissute dal reporter Tin Tin sempre con la voglia di scoprire, lontano da casa, quello che la vita ha in serbo per un giovane curioso, per una coscienza vigile. Insomma per qualcuno che abbia desiderio di tracciare una linea chiara tra desiderio di conoscenza e senso di responsabilità, di illuminare il Secolo breve con i lampi delle sue inquadrature, nelle quali geografia e storia forniscono sì la scenografia necessaria, ma anche elementi non secondari per la sceneggiatura.

Sempre lontano da casa, già perché, a differenza di tante bande dessinée, i tratti domestici sono pochi, Tin Tin è un personaggio europeo che si muove su uno scenario internazionale, il suo spirito di avventura lo avvicina anche a personaggi che nascono sull'altra sponda dell'Atlantico.

Di Indiana Jones è stato detto che è un Tin Tin cresciuto, ma solo in parte è vero, dato che il personaggio ha una caratteristica singolare: quella di essere rimasto per sempre giovane nella creazione unica e irripetibile di Hergé.

Quasi tutti i fumetti di successo hanno avuto schiere di disegnatori e sceneggiatori, che per motivi commerciali, ma non solo, tenevano in vita il personaggio per decenni. Non Tin Tin, che è stato quello che è stato ed è ancora in grado di essere quello che è. Una bella prova di longevità per un giovane reporter con i pantaloni alla zuava!

Una bella prova di longevità anche per le sue storie. Tanto che Spielberg che di storie se ne intende, per la sceneggiatura del film Il segreto dell'Unicorno fonde le due storie di Hergé: Il granchio d'oro e Il segreto del Liocorno.

L'avventura senza guinzaglio
Su questo elemento dell'avventura qualche ulteriore indagine devo pur farla, partendo da un assunto: un comune nucleo di "avventura" attraversa i diversi generi delle storie per ragazzi - fantasy, mistery, horror e anche quelle che hanno il nome in italiano - e proprio quel nucleo possiede alcune componenti che, se non proprio immutabili, sono rimaste sostanzialmente stabili. Provo ad elencare le principali, operando estreme semplificazioni:
  • prevalenza della trama: l'autore sa che dovrà condurre il lettore sul sentiero di quell'avventura e l'attenzione al tracciato prevale sul linguaggio e sullo spessore dei personaggi (cioè il contrario di ciò che avviene nei romanzi per adulti);
  • minaccia del lato oscuro: la lotta tra il bene e il male, che non è più così manichea come nell'800 ma che mantiene sempre un potenziale formidabile, perché il bene è sempre indifeso e perdente ma poi...
  • conquista di un tesoro: che si tratti di un tesoro reale, patrimoniale o di un tesoro metaforico poco importa, dato che la sua conquista, concludendo l'avventura, ripaga l'eroe di tutte le difficoltà incontrate;
  • identificazione del lettore con il personaggio: quando tutto funziona si realizza, nel corso della storia, una identificazione attiva, nel senso che l'immaginazione del giovane lettore può arricchire la storia in maniera autonoma e partecipare all'avventura con l'eroe-personaggio.
Lasciatemi fermare l'attenzione solo su quest'ultimo elemento perché la lettura delle avventure disegnate da Hergé ci ha permesso di accompagnare Tin Tin in giro per il mondo nelle situazioni più rischiose. Proprio come il suo cane Milou, senza un guinzaglio!

Certo, Tin Tin va letto nell'età giusta, non chiedetemi quale sia, non lo so, come non si sa qual'è l'età di Tin Tin. Ma se un lettore non ha più l'età giusta va bene lo stesso, perché, per far scattare l'identificazione, basta il momento giusto.

Che è quello di liberare l'immaginazione lungo un sentiero, tracciato da altri, in cui non esiste un cartello con l'indicazione P R E V E D I B I L E.

Con l'età giusta, qualunque essa sia, si realizza invece un curioso paradosso: nel periodo adolescenziale di sviluppo della nostra identità, proprio quando siamo impegnati nella costruzione di una singolarità non confondibile con quella degli altri, è più frequente il gioco dell'identificazione con i personaggi veri o inventati (questi ultimi qualche volta sono più credibili) che la vita ci fa incrociare.

Anche se, ci insegna Remo Bodei "non è necessario che ci si identifichi con gesta o attitudini di autori e personaggi di cui si leggono o si odono le imprese. Basta che esse allarghino l'estensione della nostra comune umanità, facendoci sentire e comprendere esperienze che non potremmo mai vivere, ma che, mostrando la ricchezza dei possibili, mettono in luce i nostri limiti."

L'indimenticabile Kapuściński
A questo proposito ci sono due posizioni estreme che vale la pena di contrastare: quella che rivendica il primato della vita vissuta sulla vita immaginata e quella che è affascinata dal suo contrario. Chi si riconosce in quest'ultima condizione viene accusato di ricercare nella fuga dalla realtà uno stabile e rassicurante rifugio, ma anche chi si rifugia negli antri del quotidiano sfugge alle straordinarie potenzialità che l'immaginazione può offrirgli.

E allora è assolutamente sbagliato mettere in conflitto l'una con l'altra, perchè non si tratta di situazioni antitetiche ma complementari!

E soprattutto perchè entrare nelle varie forme in cui si espande l'immaginazione umana significa entrare nella vita.( Forme che vanno dalla letteratura alla musica dalla pittura al cinema e al teatro, perfino al fumetto.. o semplicemente ai sogni e alle fantasie di ciascuno di noi) . Ed è un'avventura possibile, anzi necessaria per condurre la propria esistenza.

Le storie di Tin Tin percorrono, a piedi e con tutti i vari mezzi di trasporto disponibili, buona parte del Novecento, così come hanno fatto i nostri padri, le nostre madri e i nostri nonni nelle loro vite reali. Comunque anche noi e loro abbiamo dovuto immaginarle diverse quelle nostre stesse vite per riuscire a percorrere l'avventura del Secolo breve.

Non credo di essermi spiegato del tutto. E allora giù con un esempio, quello di un altro reporter -realmente esistito- che si è mosso in uno scenario internazionale più o meno nello stesso periodo: l'indimenticabile Kapuściński.

Ha indagato la storia della seconda metà XX secolo nella più vasta area geografica che un reporter abbia mai esplorato, dall'Europa all'Africa, dalla Russia al mondo islamico, dall'America latina all'Asia, e la sua testimonianza partiva sempre dalla conoscenza della cultura delle regioni in cui viaggiava, per approdare all'interpretazione dei fatti eazzardare previsioni sul futuro. A Tin Tin sarebbe piaciuto il suo Autoritratto di un reporter!

Ma perchè accostare, così spudoratamente, fiction e non fiction?

La risposta vera è: scopritelo da voi leggendo i testi, è sempre il metodo migliore. La risposta più di superficie è, secondo me, la seguente: non solo è difficile ma anche ingiusto separare con l'accetta critica il vero dal romanzato, quando il romanzato ci aiuta a conoscere e a capire la realtà.

Quando il loro legame, insomma, è produttivo di una visione che il lettore abbraccia, tanto da identificarsi con un personaggio, anche se reale. Ed ecco allora un'altra avventura possibile. Quella di diventare lettore! Perchè la lettura è un divenire, è l'espansione dell'io attraverso la conoscenza.

Ma "la materia del mondo -ci ricorda Kapuściński- è fragile e incerta e il suo spirito segreto e imprevedibile." Ecco perchè abbiamo bisogno anche di vite immaginate e di inventare, con la scrittura, il disegno e la musica, le forme più svariate per i nostri pensieri e per le nostre fantasie.

Gli ingredienti di Tin Tin ripresi da Spielberg
Torno ancora sul problema dell'identità personale che è rinvigorita dal senso di appartenenza ad una certa storia e dalla memoria che sviluppiamo nel tempo, perchè l'ostinazione di circoscrivere il proprio vissuto al presente non può che derivare da una crisi temporanea della nostra immaginazione.

Scopriamo presto che il materiale di costruzione della personalità è il più vario, composito e complesso proprio come sarà l'opera finale, anche se mai del tutto compiuta.

Questo ammiccamento Hergé sembra proporcelo con l'universo di Tin Tin: il suo personaggio è semplice, a partire dal disegno, eppure enigmatico e le sue avventure sono complesse eppure possibili.

Già proprio questi sono i tratti principali che lo avvicinano così tanto a noi lettori da far scattare quella straordinaria scintilla dell'identificazione. Si, perché anche se la storia e la geografia di una sua avventura appaiono distanti dal nostro vissuto, la simpatia e la determinazione di Tin Tin non solo le avvicinano ma ce le fanno vedere come possibili.

Le avventure di Indiana Jones ci chiedono molta, molta più sospensione dell'incredulità rispetto a quelle di Tin Tin, del capitano Haddock e di Milou che sono invece ad altezza d'uomo, a differenza dei vari eroi dotati di poteri straordinari o magici che popolano i fumetti e la letteratura per ragazzi, le cui avventure sono tutte sotto il segno dell'impossibile, del "solo lui è in grado di farlo."

Tin Tin invece sembra che ci sfidi "provateci anche voi, è possibile!"

Ecco allora che la linea chiara del segno di Hergé diventa anche una linea leggera che ci accompagna nel mondo narrato con discrezione e ironia sottile. In una cifra che esaltando il coraggio e i buoni sentimenti invita anche a non prendere i vari personaggi troppo sul serio, noi lettori compresi.

Tra i personaggi fissi delle avventure di Tin Tin ce ne sono due cui è assegnato il compito di farci sorridere: il duo poliziesco Dupont e Dupond. A sottolineare che il mix giusto, abbondantemente imitato nel cinema, prevede che la storia avventurosa debba essere raccontata sempre con leggerezza ed ironia più o meno accentuata.

Ecco allora che spuntano le varie "spalle comiche" che hanno l'importante funzione di detronizzare la storia dei suoi aspetti ideali - che finirebbero, inevitabilmente, per diventare retorici - per restituirla all'ambito avventuroso, di un'avventura possibile come nel caso di Tin Tin, che non può fare a meno dell'apparizione improvvisa della clownerie sulla scena.

Esemplare di questa dimensione è il personaggio del professor Girasole in Obiettivo luna, ma anche tanti altri personaggi di contorno.

In alcune storie poi, questi personaggi, da semplici spalle comiche, assumono una funzione narrativa antinomica, un contrappunto importante al regolare scorrere della narrazione.

Non so se sono riuscito con chiarezza (parola chiave!) a ricalcare queste storie illustrate e i motivi per i quali non sono ibernate nel passato, nonostante le apparenze. Hergé, di questi tempi, non sarebbe certo considerato politicamente corretto, ma, come ha detto Antonio D'Orrico era poeticamente corretto!

Così concludo con un brindisi (vi confesso che a me piace molto il capitano Haddock con perenne maglione e berretto da vecchio lupo di mare e una lieve, ebbrezza da whisky): Evviva le storie avventurose!

Evviva quei personaggi che ci incantano e spalancano davanti ai nostri occhi nuovi mondi e nuove idee che altrimenti non conosceremmo. Evviva quegli autori che ci rendono partecipi, con leggerezza e ironia, di quelle innumerevoli combinazioni di senso che i limiti della vita reale ci renderebbero altrimenti inaccessibili.

CIN CIN a tutte le nostre vite immaginate!

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