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Un delitto elementare
Recensione da "Terza pagina", n.16 Settembre 2008
E’ impossibile, o solo politicamente scorretto ambientare un poliziesco in una scuola, elementare per giunta? Come a dire che di scuola si può anche morire?

Prima di rispondere vediamo chi sono i personaggi che animano la scena scolastica di ‘Un delitto elementare’, oltre a maestre e bambini naturalmente, ci sono un’ambiziosa dirigente scolastica, una manciata di personale amministrativo, tecnico ed ausiliario...e una pattuglia di quarantenni che fa di tutto per tornare sui banchi di scuola, oppressa da un misterioso evento di quando frequentavano la quinta elementare.

Alcuni di loro nella vita hanno avuto quello che si definisce successo, un artista del fumetto, un primario neurologo un’editrice scolastica, altri si sono comunque inseriti nella società, come il commissario di pubblica sicurezza e l’operaio specializzato, altri no, uno è diventato un clochard, un altro un losco trafficante; tutti hanno dovuto convivere con una memoria che li ha segnati, tutti nel procedere della storia danno conto delle circostanze che li hanno cambiati senza riuscire a smascherarli. Tra i catalizzatori della storia due bambini, Treccine Mutanti e Obelix, ed un giostraio rom che fa anche il detective. Sullo sfondo non manca una parallela realtà di carta disegnata dall’artista del fumetto, in cui lo zingaro Gilas, improbabile investigatore, è l’eroe di una sfortunata graphic novel.

Lo stile è svelto, accattivante, i colpi di scena frequenti, le sorprese continue...il divertimento assicurato; ci si potrebbe fermare qui, perché apparentemente Un delitto elementare recupera lo schema del giallo classico (omicidio / investigazione / soluzione / spiegazione), il modello del racconto basato sull'indagine poliziesca e sulla soluzione razionale di un enigma iniziale. Ma il libro rappresenta, allo stesso tempo, anche una variante di quei gialli che Giuseppe Petronio chiamava problematici, che appartengono ad una tipologia lontanissima dal mistery!

Questo essere sia un giallo classico che un giallo moderno e problematico, che lascia cadaveri nelle aule e negli uffici, è la caratteristica principale di Un delitto elementare.

L’appassionato rispolvera con soddisfazione gli elementi che ha imparato ad apprezzare nel mistery, con in più alcune variazioni e particolarità che trovano il modo di investire pesantemente anche il ruolo della detection, delle regole del giallo, della basilare (per i gialli) e indiscutibile lotta dei buoni contro i cattivi, e un occhio di riguardo verso i personaggi borderline.

In queste condizioni se la detection va a buon fine, è paradossalmente solo merito dei colpevoli che debbono sudare le proverbiali sette camicie, inventare cento trappole, osare l’inosabile per prevalere l’uno sull’altro, e sull’impenetrabilità del mistero...

Se non vogliamo tradire i segreti degli autori, a questo punto si può solo dire che, nello sviluppo della storia, lo smacco del genere poliziesco è completo, che il giallo, come onestamente si confessa nella quarta di copertina (ma è l’unica onestà degli autori, più sleali di Agata Christie!) diventa un metagiallo, ovvero una riflessione sul giallo stesso, sulle sue intatte, rinnovate, capacità di illuminare la realtà.

La narrazione, caratterizzata da distinte focalizzazioni, entrambe tipiche del genere, l’una esterna, in terza persona, l’altra soggettiva, in prima persona, presenta al lettore meno smaliziato autori che mostrano di sapere molto meno dei propri personaggi. Fino al denoument, alla risoluzione finale dell'intreccio.

Nel romanzo di Calcerano e Fiori la sfida intellettuale, indissolubilmente connessa al genere, si coniuga all’altra sfida della riflessione etica ed educativa, e la ricerca dell’assassino diventa moderna analisi del marcio che si nasconde sotto la maschera di rispettabili pregiudizi morali, e anche l’occasione per sperimentare una nuova linea investigativa:l’edu-detection.

Poiché l’indagine degli investigatori ufficiali o di complemento è fallace proprio perché basata su dati di fatto superficialmente valutati, colpevolmente travisati...e su giudizi prematuri, cioè parziali e basati su argomenti insufficienti, che non possono bastare per scoprire chi ha ucciso o svelare la colpevolezza, o addirittura il Male, è necessario avere occhio anche ai processi educativi.

Ma veniamo al finale, specie nei gialli classici il finale è il momento forte della narrazione, il clou della storia, qui non si fa eccezione, anzi! Nel romanzo la storia accelera il ritmo, lentamente ma continuamente, per poi impegnarsi in una sconvolgente corsa verso l'epilogo. Il finale è la scommessa di Calcerano e Fiori con il lettore, è il tempo e il luogo dove sono risolti i conflitti presentati dai personaggi, sciolte le tensioni, fugati i dubbi, mantenuta la coerenza narrativa. E’ così che devono essere i finali.

In Un delitto elementare il finale invece di chiudere allarga la prospettiva della storia, alza una cortina per tutta la narrazione abbassata a coprire i fatti ed i giudizi, svela una realtà amara che fino ad allora era stata appena abbozzata o suggerita.

A questo punto, se la scuola non è più soltanto l’ambiente dove si svolge la storia , se il contesto educativo è il tessuto della storia stessa, la risposta alla domanda iniziale è rivolta ai lettori: perché avere dubbi, chi di voi non è rimasto segnato dal fascino misterioso della scuola?

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