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Innocente per forza
Fase… ormai le fasi sono saltate
Prima, proprio nel momento in cui alzavamo il sipario del nostro Serpentara P.S., si presenta questa donna bella si, ma anche alquanto tocca e ci costringe a darle retta nella ricerca della sua colpevolezza e adesso, una lettera anonima, che ha raggelato il sangue persino del Piromane. Nella sostanza e in una buona scrittura ci dice: so chi siete, o almeno so che non siete ciò che sembrate e cioè dei poliziotti. Non ho potuto collegare ancora tutti gli indizi in mio possesso e scoprire dove volete effettuare la rapina, ma lo scoprirò presto!

E appena lo scoprirò avviserò la banca, a meno che voi non lasciate il campo immediatamente, appena ricevuta questa lettera.

Non erano i soliti ritagli dei giornali, ma una lettera scritta a stampatello, forse con la mano sbagliata perché i caratteri erano un po’ tremolanti. Eppoi la firma che era tutto un programma: “PECOS BILL”.Il personaggio scomparso, anche lui, nei pascoli del cielo insieme alle anime degli antichi cow-boys, i “Riders on the sky” che galoppavano con le nuvole in una raggera di luce.

Se ogni impresa criminosa è una corsa ad ostacoli, il secondo ostacolo era più alto di quanto il nostro cervello potesse saltare.

Fu in quel contesto con la lettera anonima sulla scrivania del Commissario Justerini che bussarono alla porta.

Il Maresciallo Frassineti rientrò precipitosamente nella stanza e posò le carte.

Poco dopo la porta si aprì, si fece avanti un omone alto come il Ladro, completamente ricoperto di peli. Ciuffi gli uscivano dalle orecchie e dal naso e le sopracciglia erano grosse e cespugliose.

«Chiedo scusa», disse con voce da basso. «Ma qui che è successo? Il terremoto?»

«Normali esercitazioni Nato. Cose riservate, tipo Gladio. Desidera?»

«Ci deve essere stato un disguido. Vede, io sono il proprietario di questo stabile. Come ci hanno impiantato il vostro Commissariato senza dirmi niente? E i danni delle esercitazioni? E poi che c'entra la Nato con la polizia?»

«Summum ius summa iniuriuria», citò lo Scrittore al Piromane “Così mi piace la vita.”

«Signore», si eresse il Piromane. «Lei capirà che già nella sua domanda c'è una sospetta curiosità che per ora non voglio rilevare. Ci dica le sue generalità».

«Sono Giacinto Pacchiarotti, macellaio, nato a Roma il 22.4.1943, residente in Roma, Viale Trastevere, 138, coniugato con Ofelia Celletti, ostetrica, nata a Roccasecca dei Volsci il 16.ó.1950 e residente in Viale Trastevere, stesso numero. Siamo conviventi». Sorrise, come per scusarsi. «Quattro anni fa, per fini speculatori ho acquistato il qui presente stabile in stato di abbandono ripromettendomi, appena migliorasse il mercato delle carni fresche, di riadattarlo e stabilirvi la mia privata residenza».

«Non si preoccupi assolutamente», lo aggredì dolcemente il Commissario. «Lei non passerà alcun guaio per questa storia. Mi accorgo già della persona con cui ho a che fare. Io ho occhio per le persone come lei, le metto a fuoco subito».

«Passare dei guai, dice?»

«Assolutamente no. Figuriamoci se invece di arrestare i delinquenti, ci mettiamo ad arrestare le persone oneste».

«Arrestare, dice?»

«Il commissario non è di quei poliziotti che applicano il codice come se fosse il vangelo. Così lei - lo incalzò- a fini speculativi, avrebbe acquistato questa villetta. Per quanto, se non sono indiscreto? Tutto a posto dal punto di vista fiscale?»

«Maresciallo, maresciallo sorvoliamo, per favore! In fondo», il commissario fece una risatina d'intesa al maresciallo, «siamo in casa sua!»

Lo Scrittore gli fece un cenno d'intesa e uscì.

Il signor Pacchiarotti si allentò il colletto, si frugò sopra pensiero fra la selva di peli che gli si affacciava sul collo e sorrise di rimando.«Naturalmente lei potrà ben spiegare...»

«Qua siamo sempre pronti ad accettare le spiegazioni di chiunque», sottolineò il commissario con una punta di durezza. «Dunque ci dica: come mai lei non ne sapeva niente? Perché si è precipitato qui come se fossimo un gruppo di buontemponi che hanno organizzato una rappresentazione teatrale nella sua casa?»

Il macellaio sorrise ancora incerto.

Dalla stanza vicina si udiva il brontolio sordo di un vecchio computer.

«Forse è meglio che mi rifaccio vedere con l'avvocato Minenza...»

«Niente avvocati», tagliò corto il Piromane. «Mi creda, lei non ne ha bisogno alcuno. Mi dica con parole sue come si è trovato in questo guaio.”

«Cioè, io stavo a negozio, perché mi piace ancora di lavorare come un garzone qualunque, sono uno che s'è fatto da solo, cominciando come cascherino.

Stavo a preparà le bistecche alla fiorentina per l'avvocato Minenza. Ci vuole il filetto e il controfiletto insieme, e poi un po' d'attenzione nel taglio, quando si affaccia Augustarello, che era il socio mio fino a quando due anni fa per un certo affare dei manzi toscani che ci siamo spartiti... S'affaccia co' l'occhi da furbo e me fa: "Ma com'è che te cianno messo er Commissariato a casa tua, a la Serpentara?". E io, preso cosi alla sprovvista, che nessuno mi aveva avvertito: "Possino cecamme", dico, "possino cecamme mani e piedi si ne sò gnente ».

«Queste furono le parole esatte?», volle sapere serio il Piromane.

Il telefono squillò interrompendo la tensione di quel racconto.

“Signora Folgheraiter, come sta? ...No, nessuna nuova da Dolcest...dalla Morgue, ma come si dice nessuna nuova, buona nuova.” Il Piromane aggrottò la fronte, abbassò gli occhi sul tavolo e si ritrovò lì davanti la lettera anonima di Pecos Bill, la girò velocemente e cercò di concludere “Stia tranquilla, le nostre indagini proseguono senza sosta, ho messo altri due uomini a lavorare al caso, mi farò vivo al più presto.”

“La moglie de Uberto, eh?”

Le parole di Pacchiarotti fecero l’effetto di una scossa elettrica sul Piromane. Quell’omone forse era meno ingenuo di quel che sembrava, ora, per esempio, aveva “l’occhietti furbi” come avrebbe detto lui. E se fosse lui il gatto e loro i topi?

E se fosse stato lui a scrivere la lettera anonima? Firmata Pecos Bill, no, non era il tipo!

“Perché la conosce?”

“Poco, conosco er marito ch’è na sagoma. Vi è sempre da me, quanno che deve andà a cena della sorella; se compra l’ossi buchi la coda, la mirza, la coratella, la trippa e perzino er polmone. Credo che ogni tanto me tradisca cor pollarolo pè comprasse le rigaglie.”

“Tutte cose che la moglie non gli cucina” gli diede corda il Commissario.

“Nun lo so, la sora Elga la conosco poco, viene solo pè la pezza, la culaccia e qualche raro filetto. Uberto invece se spanza de interiora, che Dio glielo conservi, l’appetito dico.”

Il Piromane si rigirava tra le mani la lettera anonima “Da come ne parla, sembra che lei lo conosca bene il signor Uberto, intendo dire non solo come cliente.”

“A Commissà cià corto! Diciamo che er bancone nun ce divide e così quanno se presenta all’ora de chiusura, me lo porto su a casa da mi fijo.”

Il Commissario Justerini annotò qualcosa su un blocco. Non mi ha detto che lei ha un figlio con la signora Ofelia.

“No, nun l’ho fatto co’ Ofelia, lei è stato solo l’ostetrica del parto. Pippetto è er frutto de la mia prima unione de fatto, sa - aggiunse con tono serio - quella che è condannata dalla Chiesa.”

“E Pippetto e Uberto Folgheraiter sono grandi amici” arguì Justerini.

“Grandissimi, a Pippetto glie piaciono un frego i fumetti de Alan Key, me dice sempre che da grande vole diventa come lui. Poi se scambiano i giornaletti come due ragazzini de na vorta. Quanno, st’inverno, Pippetto, cià avuto l’influenza Uberto cià perso ‘na mezza giornata co’ lui. Se messo seduto vicino ar letto, ed è sprofonnato nella lettura. Cià la testa sempre pe’’ste cose.

E d’altronde, come se dice commissà? Dove c’è gusto nun c’è perdenza.”

Nell’altra stanza si sentì il rumore di una stampante lenta.

“Lo sa che è scomparso?”

“E’ quarche giorno che nun lo vedo, - rispose evasivo Pacchiarotti - ma fa sempre così, Uberto cià bisogno de pijà respiro, d’acquattasse in quarche posto, a penzà a li cazzi sui - me scusi l’immaggine - è n’artista! Come te le combina lui le trame nun è bono nessuno.

Armeno così me dice mi fijo. E n’artra artista pe’ cucina le vaccina dev’esse su sorella!”

“E Uberto sapeva di questa sua proprietà - chiese Justerini facendo un gesto largo con il braccio.”

“Glielo dissi, me pare, ma a Uberto delle seconde case nun gliene fregava gnente. La seconda vita - na’ vorta me disse - per quella sì che pagherei volentieri pure le tasse”.

“E quali sono i giornaletti che il signor Uberto scambia con suo figlio?”

“Vo sapè quelli che porta lui…ma tutti quelli dell’epoca nostra, io non è che me ne intenda tanto, ciò avuto sempre poco tempo pe la curtura…Mandrake sicuro, poi l’Omo Mascherato, diversi artri coi nomi americani e Pecos Bill, quello gli fa sangue. Me parla sempre der cavaliere disarmato, dice che glie basta er lazzo, ma a me nun me ne frega gnente, so contento che Pippetto co’ lui se fa na curtura e che cresca conoscendo gente erudita.”

Se era lui l’estensore della lettera anonima, pensò il Piromane, lo mascherava bene.

In quel momento rientrò il maresciallo Frassinetti con un foglio in mano.

“Scommetto che ha ritrovato l’atto di esproprio, maresciallo”.

“Certo, commissario, era in archivio regolarmente protocollato C2, non classificato”.

“Dunque”, lesse il Piromane ignorandolo, “il Commissario straordinario delle opere pubbliche per le zone terremotate e limitrofe, visto...visto...considerato..., oh, ecco...non è lei Giacinto Pacchiarotti, nato a Roma il 22.4.1943, residente a Roma, Viale Trastevere, 138?”.

“Certo, certo. C’è scritto così? Allora la carta c’è”.

Il commissario ebbe un sorriso di compatimento.

“Si figuri se non avevamo la carta. Con tutti i timbri, i visti e le registrazioni d’uso”.

“Uh!”, esclamò il macellaio. “Ce so’ pure le generalità di Ofelia...”.

Lo Scrittore lanciò uno sguardo al Piromane e gli indicò la lettera sul tavolo - Commissario, maiora premunt, dobbiamo interrompere l’interrogatorio del sospetto.

“Sospetto, dice?”

“Bene, bene, non ne parliamo più. E’ chiusa qui! Mi rendo conto della sua buona fede. Vada e ci saluti la signora Ofelia, a proposito, mi raccomando…regolarizziamo…”

“Cosa?”

“In generale”, il Piromane s’alzò dalla poltroncina, “in generale…e ora lasciamo stare le pratiche amministrative e preoccupiamoci delle indagini.”

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