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Una scuola a Baker Street?

2. Il poliziesco e l'educazione scientifica: dal positivismo ad Agatha Christie

La padronanza del codice letterario è un atout da non sottovalutare perché, facilitando la lettura, estende influssi positivi, nel caso del romanzo poliziesco, ben oltre l'educazione linguistica e l'insegnamento dell'italiano.

Tutte le discipline curricolari se correttamente interpretate, osservano i programmi della scuola media, promuovono nello studente comportamenti cognitivi, gli propongono la soluzione di problemi e la produzione di risultati verificabili.

Si tratta anche di creatività, poiché "creatività non significa vivere nel paese della fantasia, ma affrontare e superare problemi concreti13.

La costante del romanzo poliziesco, come abbiamo purtroppo detto più volte, è proprio un problema: la gradevole fantasiosa prospettazione di un problema intellettuale, fittiziamente calato nella realtà di personaggi in carne ed ossa. La sua caratteristica immediatamente riconoscibile dipende dal fatto che "un mistero venga chiarito per opera dell'intelligenza grazie ad un'operazione intellettuale. Poe non voleva che il genere poliziesco fosse un genere realista, voleva che fosse un genere intellettuale, un genere fantastico, se volete, ma un genere fantastico dell'intelligenza, non soltanto dell'immaginazione di entrambe le cose, naturalmente, ma soprattutto dell'intelligenza"14.

Da una parte lo stesso delinearsi sommario dello sviluppo del genere può avviare ad una comprensione delle interazioni tra sapere matematico-scientifico e società umana, tra scienza e letteratura, dall'altra una riflessione sul poliziesco può indurre ad una elementare riflessione sul metodo scientifico.

È facile dimostrare come per la fruizione del romanzo giallo siano necessarie delle abilità che si ricomprendono tra gli obiettivi previsti dai programmi per le scienze matematiche; chimiche, fisiche e naturali e che, guarda caso, sono omologhe di quelle del detective: esaminare situazioni fatti e fenomeni; registrare, ordinare e correlare dati; porsi problemi e prospettare soluzioni; verificare le ipotesi formulate; inquadrare in un medesimo schema logico questioni diverse; considerare criticamente affermazioni e informazioni per arrivare a convinzioni fondate.

Lo sviluppo delle capacità logico-formali viene esaltato da una lettura che richiede una partecipazione intellettuale, suscita una capacità intuitiva e conduce gradualmente a verificare la validità delle intuizioni e delle congetture con ragionamenti via via più organizzati. Una lettura che permette attività sia espressivo-creative che fruitivo-critiche, come quella, appunto, del romanzo poliziesco; ciò non avviene per caso, in quanto esiste una relazione tra questo particolare tipo di genere letterario e le discipline scientifiche.

Il poliziesco nacque dal genio di Edgar Allan Poe, proprio come una storia basata sull'applicazione alla risoluzione di problemi criminali di un procedimento logico, razionale, che si. giovava dei più recenti risultati delle ricerche scientifiche, ed era un tributo positivista alla supposta capacità della scienza di risolvere tutti i problemi dell'uomo. Sempre Poe applicò alla detection poliziesca ciò che con un neologismo coniato da Horace Walpole, fu definito serendipity, cioè la capacità di fare trovate apparentemente gratuite e geniali in base a dati scarsissimi, quasi insignificanti.

Tale doppia novità - metodo scientifico-razionale e serendipity - troppo spesso confusa in un' unica caratteristica, permette almeno due itinerari didattici:

l'uno genericamente incentrato sull'ideologia del positivismo e sui generali problemi della epistemologia moderna, l'altro più specifico, relativo al particolare modello epistemologico che è alla base del metodo di Sherlock Holmes, metodo che ha inconsueti legami e punti di contatto con la medicina, la storia dell'arte e la psicanalisi.

Il più semplice appiglio didattico è naturalmente quello di srruttare la lettura guidata dei primi polizieschi, delle narrazioni ormai classiche di Arthur Conan Doyle, di Robert Austin Freeman, di Jaques Futrelle per parlare di un'epoca caratterizzata dall'ingenua fiducia nell'onnipotenza della scienza e nella sua funzione salvifica.

Se molti non conoscono le figure del dottor Thorndyke e del professor Van Dusen, la "Macchina pensante", celeberrimo è il personaggio di Holmes, ormai più che centenario, campione del metodo scientifico applicato al campo della ricerca degli assassini e modello di pensatore razionale.

Come ricorda lo stesso Conan Doyle nelle sue memorie, Holmes nacque negli anni in cui i maggiori filosofi inglesi erano Huxley, Tyndall, Herbert Spencer e john Stuart Mill; annota Pierre Nordon, un biografo di Conan Doyle, "il mondo fittizio cui apparteneva Sherlock Holmes si attendeva da lui ciò che il mondo reale di allora si attendeva dai suoi scienziati: più luce e più giustizia.

Creazione di un medico imbevuto del pensiero razionalista del tempo, il ciclo holmesiano ci offre per la prima volta lo spettacolo ,di un eroe che continuamente trionfa con i mezzi della logica e del metodo scientifico" 15 .

L'investigatore, come lo scienziato, nell'induttivismo "ingenuo" di quei tempi "dovrebbe partire dall'osservazione attenta dei fatti, da asserzioni o proposizioni osservative precise, che sono il terreno da cui deriverebbero insieme la scoperta dell'assassino o, se del caso, la scoperta scientifica.

Nessun filosofo della scienza contemporanea naturalmente condivide più le tesi che emergono nei polizieschi classici. Né scienziati, né epistemologi sono all'oscuro dei difetti inerenti una concezione che vede la scienza poggiare su un sicuro fondamento di esperienza e di osservazione e crede alla sussistenza di un certo tipo standard di procedura inferenziale con la quale, da simili fondamenti, vengano le teorie scientifiche16.

D'altro canto, quegli stessi pregiudizi trionfalistici che sono stati abbandonati dalla comunità degli scienziati, sono vischiosamente pervicaci nel cosiddetto senso comune e modellano quel fideismo con cui, almeno fino a tempi recenti, veniva accolto ogni enunciato ed ogni informazione garantita come "scientifica".

Nella stessa evoluzione del romanzo poliziesco classico, peraltro, l'antica fede di Freeman e Conan Doyle non ha resistito al mutare dei tempi ed è stata prima stravolta dai giallisti enigmistici, poi superata dal genio della Christie e più recentemente distrutta da Durrenrnatt.

Mano a mano che la fede nella scienza si ridimensionava, nei lettori appassionati del poliziesco, gli autori migliori, in continuo diretto intuitivo contatto con le esigenze dei loro acquirenti, spostavano l'accento sugli aspetti enigmistici sottolineando la sfida al lettore che pure era componente importante di libri quali quelli di Conan Doyle e Poe. Più serendipity e meno scienza, più fiuto e genialità e meno criminologia. Come nei modelli, peraltro, il segreto della vittoria dell'autore nella sua partita col lettore continuava a risiedere nella sterminata vastità dell'archivio dati e delle conoscenze dei detectives come in accorte prospettazioni di indizi dissimulati.

La sempre maggiore artificiosità e convenzionalità delle storie si evidenzia -~dalla codificazione espressa delle regole di costruzione della trama che sono anche le norme generali del contratto fra autore e lettore.

Anche S. S. Van Dine (pseudonimo di Willard Huntington W right) crede nel racconto poliziesco fondato sul presupposto di analisi esclusivamente razionali, ma per il creatore di Philo Vance il romanzo è un mero gioco intellettuale, una partita tra contendenti alla pari (lettore e scrittore) come tale necessariamente assistita dal fair play del più forte, del demiurgo che ha in mano lo svolgimento dell'immaginario letterario.

Autori come Ellery Queen (pseudonimo dietro cui, com' è noto si nascondono Manfted B. Lee e Frederick Dannay) ed Agatha Christie,. dal canto loro, mostrano di fatto con gli itinerari logici prescelti nel costruire i loro plot, con il loro modo originale di dipanare la detection, di essere lontani dal positivismo di Dupin, Holmes e Thorndyke.

La regina del giallo, anzi, chiude un'epoca nella storia del poliziesco proprio contestando il metodo scientifico di Holmes e beffardo il codice instauratosi tra creatori e fruitori di romanzi polizieschi. Non c'è regola di Van Dine che la Christie non abbia violato, pur rimanendo, per acclamazione, all'interno del genere.

Già Bentley nel suo "Trent's last case", del 1912 (in italiano La vedova del miliardario )"attraverso il ricorso formale ad una soluzione esatta nella ricostruzione dei fatti ma non applicata al personaggio responsabile" aveva fatto da un lato "quasi implicita ammissione di impotenza" mentre dall'altro aveva mosso "una accusa di sterile congestione e di immobilismo nei confronti del genere poliziesco17.

Diirrenmatt, ne La Promessa, da un caso particolare, da una storia specifica arriva al caso del detective in genere, alla critica di uno dei più tipici personaggi ottocenteschi"18.

Il suo Matthai è uno Sherlock Holmes sopravvissuto a se stesso ed al suo tempo, che "voleva che i suoi calcoli tornassero anche nella realtà"19, pretendeva che la sua razionalità avesse l'ultima parola nelle indagini ed era riuscito "a sfondare il numero di ipotesi e di supposizioni che ci circonda "spingendosi" in prossimità delle leggi che regolano il ritmo del mondo, a cui noi altri non arriviamo mai20.

Ma non riesce ad incidere nella realtà, arriva solo "in prossimità" non arresta il suo colpevole, si abbruttisce nella sconfitta.

Il caso, l'imprevedibile, il casuale, "qualcosa di idiota" lo vincono.

Nel romanzo poliziesco moderno che Petronio definisce "problematico" e che deriva in pari modo sia dal ceppo centrale del poliziesco classico che dal filone del poliziesco d'azione all'americana, nato anche dalla reazione all'eccessiva artificiosità ed all'intellettualismo enigmistico degli epigoni di Holmes, non vi sono certezze né di metodo né di risultato.

La ragione umana non trionfa delle difficoltà e quand'anche riesca a far tornare i conti in astratto, a terminare positivamente una detection, si scontra, come insegna Sciascia, con i meccanismi del potere, che saranno pur comprensibili razionalmente, ma non obbediscono alla ragione.

Il metodo, il famoso metodo scientifico, che era la chiave magica delle indagini, non è più in primo piano.

Segue: Il paradigma indiziario

Note

13. W. Kirst, U. Diekmeyer, Come stimolare la capacita' creativa, Milano, Garzanti, 1972, 5.

14. Borges, Oral,cit. 54-55.

15. Entrambe le citazioni sono tratte da 11 segno dei tre, cit., 47 e 71.

16. A.F. Chalmers, Che cos'è questa scienza, Milano, Mondadori, 1979, 9

17. R. Di Vanni, F. Fossati, Guida al giallo, Milano, Gammalibri, 1980, 32 ss.

18. "Anche il peggiore dei casi si avvera di quando in quando. Siamo uomini, dobbiamo tenerne conto, armarci contro questa realtà, e soprattutto avere ben chiaro in mente che riusciremo ad evitare il naufragio nell'assurdo, che per forza di cose risulta sempre più netto e schiacciante, e a costruirei su questa terra una esistenza abbastanza confortevole solo incorporandolo tacitamente nel nostro pensiero. La nostra ragione rischiara il mondo non più dello stretto necessario. Nel bagliore incerto che regna ai suoi confini si insedia tutto ciò che è paradossale". E. Diirrenrnatt1 La promessa, Torino, Einaudi, 1975, 135.

19. Diirrenmatt, op. cit., ivi.

20. Diirreml1att, op. cit., 134.

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