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A scuola con il giallo
Poliziesco e letteratura

Ma torniamo ora alla possibilità di fruizione scolastica del giallo, cercando di svolgere un'ipotesi sostanzialmente di laboratorio.

In un contesto scolastico, la lettura della narrativa poliziesca quali interessi può suscitare, quali capacità può sviluppare? E ancora, può rappresentare un fatto educativo?

Il poliziesco è sicuramente divertimento e gioco, ma a ben vedere non abdica a nessuna delle caratteristiche proprie di ogni testo letterario.

Si è in parte dimostrato che, rispetto a tutta l'altra letteratura, il romanzo poliziesco ha caratteristiche peculiari, per cui si presta particolarmente all'iniziazione alla lettura e stimola uno specifico tipo di partecipazione attiva di cui meglio più avanti cercheremo di illustrare le potenzialità logiche e di creatività.

Certo potrebbe ben essere un poliziesco quel libro da «consumarsi» in un anno di scuola media «opera di narrativa moderna italiana ovvero straniera in buona traduzione italiana - completa o adeguatamente ridotta in relazione all'età degli alunni».

A pochi sfugge che il romanzo giallo ha una severa meccanica da rispettare, molti non hanno però compreso che la necessità e la pregnanza di tale caratteristica rendono il poliziesco una macchina per leggere20 che coinvolge, lo si è visto e lo vedremo meglio più avanti, il lettore in un ruolo attivo e fa della lettura

«un atto comune dello scrittore e del lettore che li riunisce e li accoppia (...)»21. Il giovane che apre un romanzo giallo, poiché è già in possesso (per le esperienze televisive almeno) della conoscenza del codice letterario necessario, padroneggia le convenzioni e gli stereotipi del genere; riesce ad assumere con facilità il ruolo del Lettore cui l'Autore si rivolge, se non quello del lettore ideale, che avrebbe una perfetta comprensione del testo nella complessità del suo messaggio, certamente il ruolo del lettore medio tipico, ipotizzato dal giallista al momento della scrittura che su di lui è stata programmata.

Un lettore in competizione con l'autore, incredulo, sospettoso, attentissimo ai particolari, che ingaggia una partita un tempo paragonata ad una partita a scacchi22, ma ora piuttosto comparabile al gioco con un videogame23.

Con diversa consapevolezza, la particolare utilità del romanzo poliziesco è in genere intuita dagli operatori scolastici, specie dai docenti giallofili (ce ne sono!), ma viene controbilanciata dal pregiudizio inveterato sullo scarso valore artistico dei romanzi appartenenti ad un preciso genere e sulla cattiva qualità conclamata del «prodotto» giallo24.

In realtà, gran parte dei difetti che spesso si attribuiscono al romanzo poliziesco si tramutano in pregi nella prospettiva di una sua fruizione in situazione di apprendimento scolastico.

Questo speriamo sarà più chiaro al lettore che avrà la pazienza di seguirci fino alla fine; in prima approssimazione, intanto annotiamo come le stesse osservazioni a carico del giallo si possano fare in generale per la narrativa di fantascienza.

A parte pochi autori (Vance, Dick, Zelazny, Lafferty, Vonnegut, Farmer) il genere non si caratterizza infatti nemmeno per quella originalità di situazioni e di trovate che la denominazione prometterebbe (ci sono stupendi romanzi di fantascienza La svastica sul sole di Philip K. Dick, // Signore della luce di Roger Zelazny e pessimi pasticci ripetitivi).

Il che ci porta ad accennare un discorso sul genere letterario.

Un uso scorretto del concetto di genere presuppone una distinzione fondata su un pregiudizio di valore tra letteratura popolare, o di massa e letteratura con elle maiuscola, quella dei grandi, che gli anglosassoni definiscono mainstream.

È da ritenere invece come non sia possibile rinchiudere un genere nella «paralet-teratura». Il concetto di letteratura funziona

«se inteso con tanta larghezza da comprendere A Silvia e Parzanese ("Quand'io nacqui mi disse una voce: tu sei nato a portar la tua croce"), Guerra e Pace e il Padrone delle ferriere, Agatha Christie e Robbe-Grillet»25.

La letteratura è

«l'insieme dei libri che sono stati e sono scritti e sono stati e sono letti come "libri letterari" (...) seguendo certe regole (scritte e non scritte) che nella nostra civiltà (da quella greca a quella di oggi) sono considerate, per consenso comune di scrittori e lettori, come necessarie e sufficienti a rendere letterario un libro: una invenzione più o meno originale, e quindi una storia da raccontare, recitare, cantare; dei personaggi da far parlare direttamente o indirettamente; una capacità comunque ottenuta di interessare il lettore»26.

Il genere altro non è che un sottoinsieme la cui proprietà comune è nel fatto che i libri che vi appartengono sono scritti secondo norme particolari di contenuto e di stile che li rendono distinguibili e che si caratterizza per essere un raggruppamento tassonomico e non assiologico.

Questo non vuol dire porre sullo stesso piano Ian Fleming e Dante.

«Alla letteratura, per consenso universale, appartengono da sempre Giovanni Boccaccio e Giovanni il Pecorone, Francesco Petrarca e Giuseppe Zappi, Alessandro Manzoni e Giovanni Rosini, quello della Monaca di Monza. Eppure nessuno si sogna di dire che stanno sullo stesso piano. Perché non le dovrebbero appartenere, senza stare sullo stesso piano, Italo Svevo ed Augusto De Angelis, Giorgio Manganelli e Loriano Macchiavelli»27.

Per questo, proporre agli studenti di leggere (e studiare) romanzi polizieschi, non deve essere innanzitutto solo l'introduzione a scuola della trivialliteratur, a fini sociologici, psicologici, o per permettere, con la conoscenza dei generi inferiori, la crescita per contrasto delle capacità di apprezzare la vera arte, ma l'utilizzo di materiale letterario che può essere più o meno creativo, più o meno dotato di informatività estetica o di valore, polisemia, connotatività.

In questo che si avvia ad essere un piccolo cahier de doleance riteniamo ora giusto spendere un'annotazione sulla quasi totale inesistenza di una narrativa giovanile poliziesca edita in Italia28; Mondadori aveva iniziato negli anni settanta una collana di polizieschi per ragazzi, che si è però conclusa frettolosamente. Anche questo disinteresse commerciale va ascritto alle riserve che si manifestano sull'utilità di proporre per fini educativi e d'istruzione un genere narrativo.

Segue Il poliziesco e l'educazione scientifica

Note
20. T. Narcejac, II romanzo poliziesco, Milano, Garzanti, 1976, 17 e 1,87 ss.

21. Narcejac, op. cit., 193.

22. M. Nicolson, Delitto «cum laude», in La trama del delitto, a cura di R. Cremante e L. Rambelli, Parma, Pratiche, 1980, 45.

23. Proprio un giallista ha rilevato che il poliziesco «con tutte le regole che costituiscono l'intelaiatura del suo apparato, la sua chincaglieria, il suo hardware, è il macchinoso congegno di cui il detective è il software», Narcejac, op. cit., 189.

24. Così Laporta, senza menzionare esplicitamente il romanzo poliziesco: «Periodare sciatto, privo di ogni luce letteraria, linguaggio preso dalla strada, descrizioni approssimative, uso perpetuo di clichés umani privi di qualunque personalità, già scontati nella mente del lettore, standardizzazione delle trame, episodi mortificanti per uniformità». R. Laporta, Prospettive di una nuova editoria giovanile in funzione dell'educazione e della cultura popolare in generale», in AA.W., Letteratura giovanile e cultura popolare in Italia, Firenze, La Nuova Italia, 1962, 180.

25. Petronio, Il romanzo, cit., 76-77.

26. Petronio, Il romanzo, cit., 77.

27. Petronio, Il romanzo, 86.

28. Ricordiamo tra le rare eccezioni A.F. Pessina, La teleferica misteriosa, Firenze, 1957, Salani, 1957. A proposito della riottosità degli editori a pubblicare questo tipo di narrativa, si racconta — e l'aneddoto va creduto sulla nostra parola — che un noto editore romano, vistosi presentare un giallo scritto per adolescenti, se ne sia uscito apoditticamente affermando: «I giovani devono imparare ben altro che il delitto». Frase infelice quante altre mai, che sottintende che i giovani debbano necessariamente imparare qualcosa di nozionistico dai libri, che il delitto non sia argomento che con i giovani è necessario sviscerare, ma piuttosto negare, ignorare e, peggio, che col romanzo poliziesco si istiga alla criminalità. Pregiudizio che pare duro a morire e che in genere accomuna polizieschi, fumetti, «grammofoni», come direbbe Massimo Troisi ed altri strumenti del demonio.

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