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A scuola con il giallo
Il paradigma indiziario

Ogni personaggio letterario, per il solo fatto di essere creato in un testo, entra a far parte di un insieme di materiali dell'immaginario, che ha per proprietà la parziale immortalità di ogni spezzone di fantasia di cui è composto.

Vi sono personaggi, come Edipo che sopravvivono mutando ruolo nella fruizione di autori e lettori, e personaggi come Sherlock Holmes, che rimangono, nel tempo, fedeli a se stessi, sicché un minimo di giustificazione viene ad assumere la credenza che siano persone reali37.

Recentemente e pour cause un Holmes redivivo è stato fatto incontrare con Sigmund Freud38, con il quale ha potuto ingaggiare una competitiva lotta di «deduzioni» che è solo la creativa affermazione della somiglianza strutturale dei due diversi metodi usati.

Chiedersi quale validità scientifica abbia il metodo di Sherlock Holmes non è quindi una osservazione oziosa o peregrina, poiché permette di introdurre strumenti per la corretta comprensione di uno speciale paradigma conoscitivo che tanto è negletto, non solo a scuola39, da essere applicato spesso senza una totale consapevolezza.

Certamente il metodo di Sherlock Holmes è stato preso sul serio da criminolo-gi, detectives, filosofi e scienziati, ben oltre il credito che viene in genere dato alle elucubrazioni «guidate» dei personaggi dei romanzi. Il fatto si origina evidentemente dai riscontri che la struttura dei ragionamenti così frequenti nel corpus holmesiano ha mostrato con modelli epistemologici reali. A scuola si può agevolmente sfruttare tale circostanza per avviare un discorso centrato proprio su quel modello epistemologico indiziario emerso nell'Ottocento nel campo delle scienze umane, la cui analisi, secondo Carlo Ginzburg, che ne è uno dei maggiori studiosi, può forse aiutare ad uscire dalle secche della contrapposizione tra razionalismo e irrazionalismo40.

Secondo Ginzburg il procedimento che Sherlock Holmes ed il suo autore portano a compiuta e consapevole descrizione è un paradigma indiziario che ha remote origini, presumibilmente risalente ai millenni in cui l'auomo è stato cacciatore ed

«ha imparato a ricostruire le forme e i movimenti di prede invisibili da orme nel fango, rami spezzati, pallottole di sterco, ciuffi di peli, piume impigliate, odori stagnanti»41.

Di tale modello epistemologico si trova eco proprio in quella famosa fiaba orientale, diffusa tra i tartari, i chirghisi, gli ebrei, che è comparsa in occidente attraverso la raccolta di Sercambi e, successivamente, attraverso quella di Cristoforo Armeno (Peregrinaggio di tre giovani figlioli di re Serendippo, Venezia, 1557), versione questa che nel Settecento fu tradotta (e plagiata) in opere delle maggiori lingue europee. Voltaire la riprese nel suo Zadig42, personaggio capace di descrivere il cavallo del re e la cagnetta della regina senza averli mai visti, interpretando le tracce da loro lasciate.

Da Zadig, attraverso Dupin, si giunge a Holmes, che ha avuto come ulteriore modello, quel professor Bell, medico e praticante di serendipity durante le sue lezioni.

Nel personaggio di Holmes, secondo Ginzburg, si ricompongono il paradigma indiziario conservato a livello mitico-letterario e il modello epistemologico sopravvissuto quasi solo all'interno della scienza medica, nella semeiotica medica, per essere più precisi.

Holmes esamina tutte le informazioni, anche le più insignificanti, alla luce della sua vasta ed enciclopedica conoscenza del crimine e dei risultati della ricerca scientifica applicata ai fatti criminosi.

Formula ipotesi, magari in base ad abduzioni, e le controlla. Conduce esperimenti ed indagini per ridurre il numero delle ipotesi plausibili, ed arriva, in genere senza che il lettore ne sia avvertito, all'ipotesi giusta. Dall'ipotesi trae deduzioni spesso sconcertanti, che vengono ulteriormente verificate (non sempre, a dire il vero). Alla fine l'ipotesi emerge con una probabilità vicina alla certezza43.

Il metodo è certamente razionale, a prescindere dal favoreggiamento dell'autore, e almeno nella sua prima e più importante fase, presenta rapporti inequivoci non solo con la semeiotica medica, ma, come ha ben notato Ginzburg, col sistema col quale Giovanni Morelli rivoluzionò la storia dell'arte ed, in particolare, il metodo d'attribuzione dei quadri di dubbia paternità.

Morelli aveva pubblicato, tra il 1874 e il 1876 una serie di articoli, in tedesco, sulla pittura italiana. Non bisognava cercar di distinguere le copie dagli originali facendo riferimento ai caratteri più appariscenti, il sorriso di Leonardo o lo sguardo verso l'alto del Perugino, ma ai particolari minori, trascurabili, meno influenzabili dalla scuola di appartenenza, più personali, propri dell'autore. I lobi delle orecchie, le unghie, i riccioli, la forma delle dita o dei piedi, le aureole. Particolari dove l'autore non si controllava ed era quindi più se stesso, particolari che, naturalmente i copisti trascuravano.

L'analogia tra i metodi di Bell, Holmes, Morelli, Freud si caratterizza suggestivamente, evidenziando come sia Bell che Doyle che Morelli, oltre naturalmente a Freud, erano laureati in medicina. Ciò appare molto più rilevante di eventuali effettive reciproche influenze.

Il modello epistemologico indiziario, schiacciato dagli altri modelli di conoscenza, era stato conservato e perfezionato proprio in campo medico, nonostante le perenni polemiche sull'incertezza del sapere in medicina.

Pur in presenza del (preminente) paradigma scientifico, imperniato sulla fisica galileiana, discipline come la storiografia, la filologia, oltre alla medicina, sono rimaste caratterizzate per una metodologia in gran parte indiziaria, che non rientra nei criteri di scientificità desumibili dal paradigma galileiano, per lo stesso peso che vi ricopre la congettura, l'abduzione e per il raggiungimento di risultati che hanno un ineliminabile margine di alcatorietà.

Risultati, comunque, vengono raggiunti, dove l'applicazione di altri metodi è impossibile. Risultati come quelli di Holmes.

Non si tratta solo di serendipità. Come in Poe, anche in Conan Doyle, diversi sono i percorsi del raziocinio, poiché diversi sono i modelli epistemologici che la scienza presentava all'attenzione degli scrittori dell'epoca.

Segue Regole per un giallo

Note
37. 37 «Col passare degli anni, il personaggio di Sherlock Holmes si è staccato dal suo autore, ha assunto vita autonoma (...). Cinema, radio, televisione, teatro e critica dotta si sono impadroniti di lui e l'hanno fatto diventare il simbolo di tutto un genere letterario. E in virtù di questo, Sherlock Holmes è ormai uscito dal ristretto ambito del romanzo poliziesco per assurgere alla dignità di "maschera universale". Come Ulisse, Don Chisciotte, Faust: certo un fratello minore di quei grandi personaggi-simbolo, ma pur sempre un fratello». S. Benvenuti, G. Rizzoni, Il romanzo giallo, Milano, Mondadori,1979, 35.
Si può affermare che «sono state inventate più varianti al nome di Sherlock Holmes che a quello di qualsiasi altro personaggio della letteratura mondiale». Ellery Queen, Prefazione a A. Derleth, Le avventure di Solar Pons. Dannay e Lee hanno contato 49 varianti; ormai nessuno si disturba più nemmeno a scherzare sul nome e mette in scena direttamente l'originale. Ad un secolo dalla nascita il «principe dei detective dal berretto di cacciatore di cervi e la cappa Inverness» (Ellery Queen, Introduzione a Chester Gould, Dick Tracy, carriera di un detective, Milano, Mondadori, 1973, 10) è ancora ben vivo.

38. 38 N. Meyer, La soluzione sette per cento, Milano, Rizzoli, 1978; l'autore di questo divertente libro si è giovato dell'immensa pubblicistica sul personaggio e delle (curiose) illazioni fatte dagli sherlockiani sui traumi dell'infanzia dell'investigatore e sulla sua vita al di fuori dei testi, veri e propri materiali per la fantasia, come tali contributo collettivo all'immortalità del personaggio, che attendevano solo un buon narratore per entrare nel mondo della fiction. Diverso è naturalmente il giusto sdegno di Gramsci che critica Vincenzo Morello, uno studioso di Dante interessato alle conversazioni tra anime, angeli e demoni, all'inferno, fuori del testo dantesco per trarne interpretazione! A. Gramsci, Quaderni del carcere, Torino, Einaudi, 1975, I, 523-524.
Sottolineiamo che il legame tra Holmes e Freud, che Meyer ha romanzato e, come vedremo, Ginzburg ha ricostruito scientificamente, era stato creativamente sottolineato già da D.F. Muste e I.L. Jaffee (Meyer, op. cit., 262).

39. 39 Un raro esempio di utilizzo del metodo e del personaggio Holmes è dato, per l'insegnamento della storia nelle scuole elementari, da M.A. Neri, Con Sherlock Holmes alla scoperta della storia, Roma, EFFELLE Editrice, 1986.

40. 40 È bene ricordare che Arthur Conan Doyle era positivista solo a metà, che si aspettava la fama, oltre che dai suoi romanzi storici, da «scritti sui fenomeni paranormali di cui era appassionato studioso», Benvenuti e Rizzoni, II romanzo, cit., 33.

41. 41 C. Ginzburg, Spie, radici di un paradigma indiziario, ne II segno dei tre, cit., 106. Cfr. anche la rubrica «Le Tracce raccontano», su «Airone», v. in particolare L. Boitani, I resti del pasto, in «Airone», settembre 1986, 144.

42. 42 Voltaire, Zadig, Milano, Emme edizioni, 1975, 19.

43. Il segno dei Tre, cit., 41. C'è un autore italiano, la cui opera non a caso mostra connessioni con la psicanalisi, che per tutto il suo più noto romanzo ha lasciato tracce evidenti, spie, a ben vedere, non equivoche, ma affogate nel contesto narrativo di un personaggio che parla in prima persona e si abbandona ai suoi ricordi sollecitando l'identificazione del lettore. Nonostante il perfetto omicidio per omissione che contiene, questo romanzo non è un poliziesco, per l'inesistenza della detection e della proposizione di un problema intellettuale su un delitto. Pure il lettore deve fruire del testo per ricostruire, non solo il personaggio ma la realtà degli avvenimenti, di cui il narratore, si scopre alla fine essere un testimone inattendibile, contro ogni sospetto, nonostante, sportivamente ed astutamente, con un guizzo degno della Christie, Italo Svevo abbia fatto avvertire i lettori dall'inutile proemio a firma del dottor S., lo psicanalista. Un lettore di quelli creati da Edgar Allan Poe, riteniamo leggerebbe La coscienza di Zeno in maniera diversa dagli altri.

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