Un diffuso rossore si estendeva sul cranio rasato di Rapisarda.
Irritato e incurante degli effetti che il suo gesto stava producendo, riprese a grattarsi metodicamente, poi sollevò la cornetta e compose un numero.
- Direttore, sono io, posso disturbarla?
Il breve silenzio che seguì non lo incoraggiò a proseguire.
- Solo, se ci sono novità determinanti sull'affare Barbacane - rispose una voce cupa all'altro capo del filo.
Da quando era stato posto al vertice dei Servizi Segreti, il Direttore aveva ulteriormente inasprito il suo carattere, si fidava soltanto di una cerchia ristrettissima di collaboratori che aveva portato con sé dal suo precedente incarico.
Era stato a capo per dieci anni del settore strategico dei Servizi, il settore che aveva più agenti sul campo e più canali operativi; in tutto quel tempo aveva costituito intorno a sè una sorta di cinta muraria di ufficiali e civili che filtrava tutto ciò che coinvolgeva direttamente o indirettamente il servizio, lo selezionava e lo incanalava verso gli agenti operativi. Questa struttura gli aveva consentito prima come capo-settore e poi come Direttore di lavorare arroccato e di occuparsi soltanto delle operazioni da lui progettate e di ciò che, a suo insindacabile giudizio, riteneva di estrema importanza.
Chiunque avesse osato scalare la torre e arrivare filo al Direttore scavalcando la cinta muraria ne avrebbe pagato le sgradevoli conseguenze.
Rapisarda sapeva bene tutto questo e infatti dopo l'incontro con Fuoco sul Gran Sasso, ritenendo eccessivamente imprudente, per la durata del suo attuale incarico, non informare il Direttore dei Servizi di ciò che stava capitando ad un fisico italiano, si era limitato a far arrivare al suo entourage una semplice informativa sui fatti e sulle indagini in corso.
Con suo grande stupore era stato contattato lo stesso giorno dal Direttore che si era mostrato personalmente interessato alla vicenda e soprattutto al fatto, così era sembrato a Rapisarda, che Fuoco gli avesse ordinato di riferire soltanto a lui. Poi il Direttore, sottoponendo l'uomo ad un interrogatorio stringente, si era minuziosamente informato di tutto ciò che riguardava Barbacane: il suo lavoro, la sua scheda, le sue abitudini. Ogni tanto dava respiro a Rapisarda per consentirgli di ordinare nella sua testa tutta la massa di informazioni, secondo un cliché consumato di un interrogatorio condotto da un esperto, eppoi di nuovo lo aveva bombardato con le sue richieste dirette.
- Caro Rapisarda - gli aveva detto alla fine il Direttore, con una smorfia sorridente sul viso butterato - mandando la tua informativa al mio ufficio hai contravvenuto alla disposizione impartita da un tuo superiore, e questo non posso che deplorarlo... d'altro canto,- aveva ripreso dopo una pausa studiata - Fuoco, il tuo superiore, è mio subordinato, così possiamo concludere che, se continuerai a tenermi al corrente, potrà essere ristabilito un flusso ordinato delle informazioni a beneficio del Servizio.
Il discorso era chiaro e Rapisarda l'aveva capito, anche se rischiava di fare la fine di una noce tra le due ganasce di uno schiaccianoci.
Ma non aveva scelta e così ora si ritrovava con il cranio arrossato davanti a quel telefono in linea diretta con il Direttore.
- Sì, ci sono novità importanti: Barbacane ha confidato le sue pene ad un vecchio compagno d’Università, compagno in tutti i sensi....
- E questa ti sembra una novità importante ? chiese irritato il Direttore.
- Una mia macchina che li seguiva ha creduto di vedere qualcosa di molto allarmante, - Rapisarda fece una pausa studiata, stavolta il Direttore sarebbe rimasto compiaciuto - sull’autostrada, prima dell’imbocco del tunnel, c’era un grosso camion che ha studiato il tragitto di Barbacane e della mia Alfa civetta; nel camion c’era un uomo alla guida e una donna. E’ anomalo e così il mio agente ha guardato bene la donna dallo specchietto retrovisore.
- L’ ha riconosciuta?
- Ne è quasi certo, si tratta di una killer del crimine organizzato, Maddalena Muttìa.
Rapisarda continuò poi riferendo tutti i particolari dell’incontro tra Barbacane e Argenti, il Direttore ascoltava con attenzione il resoconto dell'accaduto, interrompendolo frequentemente per avere tutti i dettagli.
Seguì un lungo silenzio dall'altra parte del filo poi il Direttore con voce alterata concluse la conversazione - E va bene, va bene, vorrà dire che noi potremo muoverci soltanto dopo che Fuoco avrà fatto la sua prossima, mossa...
*****
Filippo Argenti era riuscito, nel suo sopralluogo, a trascinare i due segugi fuori dal parco, poi, come la volpe finta nelle corse dei crani, era scomparso proprio davanti ai loro occhi.
Margherita, la sua ex moglie, aveva tenuto aperta, secondo gli accordi, la portiera posteriore del Fiorino e Filippo, con uno scatto improvviso, tra la confusione dell'uscita di Villa Doria Pamphilij, si era eclissato.
Il Fiorino risalì via Vitellia, girò prima di Porta S. Pancrazio, e imboccò l'Aurelia Antica proprio nel momento in cui la nera macchina del Servizio con a bordo Fuoco entrava a Villa ABAMELEK.
In una città come Roma il caso è agevolato e forse guidato dalla sua stessa forma urbis; l'intreccio delle sue strade può determinare un incontro, e, se un angolo può nascondere, una piazza è spesso il palcoscenico di molteplici eventi.
Villa Abamelek, lasciata in eredità dalla Regina di Svezia ai pittori russi, dopo essere stata la residenza dell'ambasciatore dell' URSS per lunghi anni si era trasformata, con pochi ritocchi, in residenza dell' Ambasciatore della Russia.
La macchina nera traversò l'ampio parco prospiciente Villa Doria Pamphilij e si fermò davanti l'entrata principale.
Fuoco fu accolto da un funzionario che lo accompagnò, attraverso un grande salone rettangolare e una vasta biblioteca, nell'ufficio dov'era atteso. Il luogo era suggestivo e carico di memorie. Nell’ attraversarlo egli non potè fare a meno di notare che stavolta il suo referente russo aveva cambiato stanza e lo riceveva proprio accanto all'Ufficio dell' Ambasciatore.
- E' bravo quel suo agente... Davide.- Lo accolse con queste parole e una stretta di mano- E’ convincente quando chiede informazioni a suo nome...
Fuoco si sistemò nella poltrona di cuoio marrone davanti alla scrivania, guardò l'uomo che si attardava vicino alla biblioteca con GUERRA e PACE aperto tra le mani, poi guardò sulla parete l'alone sbiadito dove, un tempo non lontano, c’era il ritratto di Lenin. - E’ bravo, .ma ancora troppo indifeso, non ha capito che il nostro è un mestiere di sopravvissuti, di gente che è già morta almeno una volta e che poi deve vivere una condizione di sopravvivenza, non è così Ivan?.
Il russo richiuse Voinà i Mir e lo collocò sullo scaffale dell' opera completa di Tolstoi, guardò uno scaffale in alto vicino al soffitto e fece un gesto vago con la mano - Elias Canetti scrive che la situazione del sopravvivere è la situazione centrale del potere, e noi due Mister Fuoco ne siamo una bella conferma...ma a che debbo l'onore di una sua visita in questo luogo, dove un tempo si covavano progetti ostili nei vostri confronti?.
- Un passato non troppo remoto, - replicò Fuoco accavallando le gambe - se un nostro stimato fisico nucleare viene in pratica ricattato da un vostro agente di Mosca e poi una coppia di killer, appena uscita da qualche Museo internazionale dell'orrore, lo segue da vicino.
Il russo girò intorno alla scrivania, si sedette sospirando e premette un pulsante tra due telefoni. Un uomo con una cicatrice sulla tempia destra aprì la porta dello studio e Ivan gli ordinò:
- Prinisì papku Tishki (Portami il fascicolo di Tishka) - poi si rivolse di nuovo a Fuoco. Il quadro è ancora confuso, ci sono molti lati oscuri nella vicenda, ma l’incrocio delle nostre informazioni potrebbe contribuire a fare chiarezza.
L' uomo con la cicatrice sulla tempia rientrò con un voluminoso fascicolo e lo poggiò sulla scrivania.
- Questo è tutto? - chiese Ivan scrutando la copertina con la scritta SVERKH SEKRETNO (Top Secret).
- Questo è tutto quello che sappiamo su quel figlio di puttana del compagno Tishka......anche se ora, come certamente saprai comandante Ivan - aggiunse Cicatrice sulla tempia in perfetto italiano - viene chiamato, nel codice dei ricercati, “Ajdyn".
- Balena bianca? - chiese Fuoco incuriosito associando quel nome alla strana storia di una balena che aveva letto sui giornali.
- Sì, ma in realtà si tratta di un particolare beluga addestrato insieme ad altri suoi simili al combattimento nel centro reclute di Sebastopoli in Crimea. - cominciò a raccontare Ivan mentre sfogliava il fascicolo sulla sua scrivania - Delfini, beluga, otarie hanno garantito fino al 1990 la sicurezza della base militare sovietica: con un addestramento messo a punto all'istituto Sevekov di Mosca, si era riusciti a realizzare un vero e proprio pattugliamento dell’ampio tratto di mare dove c'era la rete protettiva antisommergibile.
Fuoco si agitò sulla poltrona guardando l'orologio.
- Una ronda, insomma, per segnalare le incursioni dei sommergibili NATO, ma i pesci come facevano?
- Si accontenti di sapere che i delfini avevano una specie di elmo sul rostro e avvertita una presenza estranea nel tratto di mare dove effettuavano la ronda, all'interno della rete, si precipitavano verso una consolle sottomarina e premevano i pulsanti giusti per allertare il porto....
- Fantastico!
- Aspetti, il loro compito non si fermava qui. Per dar modo di organizzare la difesa, si recavano verso la rete, premevano un pulsante che apriva un varco nella barriera,ed erano addestrati a colpire il nemico.
Ivan tacque d’ improvviso e guardò Cicatrice sulla tempia.
- Con cariche esplosive? - chiese Fuoco.
- Consideri la sua curiosità sull’argomento soddisfatta, Mister Fuoco......voi occidentali siete ancora molto indietro in questo affascinante campo. Ah, già, c'è un'ultima curiosità da soddisfare che ci riporta al nostro Tishka, vuoi completare tu la storia di Ajdyn?
Cicatrice sulla tempia guardò il suo capo senza tradire disagio.
- Le otarie erano i segugi del commando e venivano utilizzate per incarichi speciali, sono persino state in grado di ritrovare un sottomarino sovietico disperso.... Ma Ajdyn era il gioiello della corona, un sabotatore nato, riusciva a minare gli obiettivi nemici e a rientrare nel varco della rete protettiva richiudendola. Dopo la fine della guerra fredda si trovò disoccupato come un riservista dell’esercito e rinchiuso nel delfinario di Sebastopoli con il suo deposito di segreti militari.
Il beluga che anni addietro era stato catturato nell’acque gelide del Golfo di Sakhalin, nell'Artico, si era ormai abituato ai climi caldi, ma il desiderio di fuga doveva essere ben vivo in lui.
- Proprio come un profugo politico - scherzò Fuoco
- Già, e come tale è riuscito a sfuggirci molte volte, anche con la connivenza dei pescatori locali turchi. Poi grazie ad. opportune pressioni diplomatiche siamo riusciti a farcelo riconsegnare. Queste storie di fughe e catture e l'interessamento di Greenpeace gli hanno dato simpatia e notorietà, la stampa occidentale lo chiama "Palla di Neve".
- Ora ricordo, finalmente - esclamò Fuoco - nel 1992 avevate persino messo una taglia su di lui per allettare i pescatori turchi. Poi dopo l'ultima cattura una terribile tempesta si abbatté sul porto di Sebastopoli e Palla di Neve riuscì ad evadere verso Odessa e ora, forse, lo state ancora cercando.
- Proprio come quel dannato di Valodia Tishka - imprecò Ivan richiudendo il fascicolo - un ufficiale del KGB, con una luminosa carriera alle spalle, frutto di un addestramento straordinario, che non ha saputo accettare la fine del comunismo sovietico. Poteva godersi un meritato periodo di pensionamento ideologico e professionale e invece nella sua condizione di orfano di Andropov si sente legittimato a tessere intrighi, contrabbandare segreti...
- Anche lui insomma è evaso dal delfinario dove lo avevate prudentemente rinchiuso, - lo interruppe: Fuoco - e percorrendo tutto il Mar Nero è entrato nel Mediterraneo fino ai nostri porti. Se riusciamo ad avvistarlo potremo riscuotere la taglia che avevate promesso ai pescatori turchi.
- Ma voi lo avete già avvistato, amico mio - disse Ivan alzandosi ed avvicinandosi a Fuoco - e inoltre avete l' esca adatta per farlo abboccare: il professor Barbacane.
- Già, un’esca viva!
Ivan gli poggiò una mano sulla spalla, ma Fuoco si alzò, lo infastidiva il suo fisico incombente, si avvicinò ancora di più alla scrivania e buttò un'occhiata sul fascicolo - Ma quale può essere il suo gioco?
- Ancora non lo so, ma Valodia è un paranoico nostalgico, un giocatore di scacchi complicato che potrebbe, per esempio, voler fare accreditare ai suoi nemici l'assassinio di un fisico nucleare italiano, un fisico suo amico o addirittura suo agente. Sì, penso sia proprio probabile, considerata la prossima mossa che intende fare e con la quale vuole dare scacco al nostro re. Fuoco guardò la faccia impietrita di Cicatrice sulla tempia e il sorriso enigmatico del re3ident dello spionaggio russo dell'Ambasciata.
- Se vi interessa la nostra partecipazione alla partita, dovete dirmi qual'è la prossima mossa, altrimenti noi proteggiamo Barbacane e voi continuate ad inseguire Palla di Neve, e lì si chiude.-
Così dicendo Fuoco fece un passo verso la porta.
- Farò di più, considerati i tempi di traduzione le lascio per tre giorni questo fascicolo, così avrete tutte le informazioni in nostro possesso e il nostro schema di gioco potrà essere compatibile. Questa è una collaborazione che nessun servizio segreto ha mai offerto a nessun altro, ma il gioco vale la candela, come dite voi italiani.-
Fuoco tornò indietro, guardò il fascicolo sulla scrivania, esitò un istante e poi lo prese - E prima che i miei traduttori arrivino all'ultima pagina, mi vuole dire cosa c'è in gioco?
Ivan tornò a sedersi dietro la scrivania, prese un affilato tagliacarte e lo puntò verso il collega italiano - I piani per la costruzione.....e, diciamo, la commercializzazione della bomba atomica portatile: una pillola di mercurio rosso - miscela di mercurio, ossigeno e antinomio - e una di plutonio affogata in una manciata di esplosivo plastico. Il mercurio rosso trasformato in liquido pesante riesce a provocare la fissione nucleare di piccolissime particelle di plutonio.
- La trasformazione che gli americani non sono ancora riusciti a realizzare.
Ivan posò il tagliacarte, posò le mani sui braccioli della poltrona e si distese. - Sì, esatto, ma non speri di trovarla dentro quel fascicolo, naturalmente.
*****
- Una linea collaborativa piena e leale! -
Commentò Cicatrice sulla tempia dopo che Fuoco aveva lasciato l’Ambasciata. Si sedette dietro l’ampia scrivania mentre Ivan s’irrigidiva sull’attenti - Siediti pure, dobbiamo finirla questa partita a scacchi.
Ivan si sedette su una poltroncina davanti alla scrivania - Al nostro comportamento leale corrisponderà la collaborazione di Fuoco nel farci ritrovare Valodia Tishka?
- Non ci sperare, non si adatterà a mettere in pericolo la vita del suo prezioso fisico, hai notato come ha parlato di “esca viva”?Eppoi come puoi pensare che non gli venga la voglia di sentire la versione dei fatti, raccontata da Valodia?
- E allora?
- Allora, se abbiamo sacrificato una torre, il nostro prezioso dossier, è per avere qualche vantaggio: chiama il Direttore dei Servizi Segreti e dagli le informazioni che forse Fuoco non gli fornirà, fagli capire che quello che ci interessa è solo la cattura del beluga fuggito e niente altro.
Ivan si era già alzato e stava attivando il centralino dell’Ambasciata. Dopo molte derivazioni e lo scatto di due apparecchiature di registrazione, l’amabile colloquio tra due spie ebbe luogo.
- I miei rispetti, Direttore.
- Il suo italiano migliora ogni mese, mio caro Ivan.
- Leggo Macchiavelli, senza difficoltà ormai.
- Ne sono più che certo - il Direttore si appoggiò allo schienale della sua poltrona. -A che debbo il piacere di sentirlà?
Ivan gli raccontò per filo e per segno tutta la caccia che il suo Servizio era costretto da tempo a dare a Valodia Tishka, l’interesse supremo dello Stato alla sua cattura, la sua pericolosità per l’umanità.
L’enfasi russa che pose nel dire tutto questo doveva giustificare il tono perentorio della richiesta conclusiva - E ora finalmente saremmo in grado di catturarlo se voi italiani collaboraste! Ci basta solo sapere dove e quando ci sarà il contatto tra Barbacane e Valodia, al vostro fisico non verrà fatto alcun male, naturalmente, ci serve solo da esca e temiamo che Fuoco non ce lo conceda.
Tacque stremato e guardò negli occhi Cicatrice sulla tempia cercandone l’approvazione.
All’altro capo del filo la voce del Direttore aveva iniziato col dire - Le credo solo in parte, mio caro Ivan: credo che sia di massimo interesse per la sicurezza della vostra Repubblica riavere il beluga, credo anche che Fuoco non abbia alcuna intenzione di usare Barbacane come esca viva, se non per mettere le mani lui sul beluga.
Sono mesi che segue le tracce di fantomatici piani dell’atomica portatile e non può lasciarsi scappare questa occasione. Questo è quello che credo della sua storia e apprezzo anche il fatto che mi abbia fatto partecipe del suo incontro con Fuoco Quello che non credo è invece che l’ex vostro Ivan Tishka abbia quei piani, non quadra bene con l’improbabile azione di voler risvegliare un suo ipotetico agente in sonno.
Il ruolo di Barbacane in tutto questo sarà nostra cura scoprirlo. Ma limitiamo pure il suo ruolo temporaneo a quello di esca viva per la cattura del beluga.......anche qui c’è qualcosa che non mi quadra.
- Quale - chiese Ivan.
- Se volete, veramente, solo catturare quel beluga, perchè avete messo sulle sue tracce un’orca assassina?
Ivan guardò Cicatrice sulla tempia con un’aria perduta - L’uomo si affrettò a scrivere un biglietto e a metterlo sotto gli occhi dell’altro.
- Complimenti, l’avete già scoperta? E allora, caro Direttore, parlerò ancora più chiaro: noi rivogliamo il nostro beluga vivo o morto, tanto ormai su di lui sappiamo già tutto, vogliamo solo evitare i danni futuri che le sue azioni potrebbero provocare.
- E io cosa ci guadagno? - chiese apertamente il Direttore.
- La verità su Barbacane, o meglio quella parte di verità che possiede solo Tishka -
In quell’istante Cicatrice sulla tempia gli aveva passato un altro biglietto. - E poi, se mi permette, la sconfitta di Fuoco che non sembra leale nei suoi confronti........
Allora ci aiuterà? Ci farà sapere il luogo dell’incontro tra Barbacane e Valodia?
Una lunga pausa intervenne tra i due, alla fine il Direttore concluse - Ci penserò, devo prima chiarirmi un paio di dati, per ora si accontenti di una buona disposizione da parte mia, e la comunichi anche al suo superiore - Riattaccò sorridendo, senza aspettare nessun altro commento.
Il suo ufficio si era improvvisamente rabbuiato, il cielo su Roma era diventato livido e un temporale scoppiò sulla città. L’acqua scrosciante mossa dal vento agitava le antenne dei tetti, i platani del Lungotevere e i pini di Villa Abamelek.
|