Rapisarda era di nuovo in imbarazzo davanti al Direttore, ne era testimonianza evidente, ancora una volta, il suo cranio rasato che aveva assunto una coloritura violacea.
- Te lo sei fatto scappare! - Tuonò il Direttore.
- Ha usato un trucco con la complicità del suo amico sindacalista.
- E che ti aspettavi? Che si lasciasse pedinare per sempre?
Rapisarda si grattò furiosamente il cranio. - Lo stavamo proteggendo da un pericolo, perchè avrebbe dovuto ingannarci?
Il Direttore lasciò cadere le mani sulla scrivania vincendo il desiderio di stringerle intorno al collo del suo sottoposto - Bene, invece lo ha fatto, e cosa pensi ancora che abbia fatto?
- E’ riuscito in qualche modo a incontrare la spia russa...
- Vai avanti - lo incoraggiò il Direttore.
- Si saranno scambiati informazioni: o il nostro fisico ci ha traditi vendendo ai russi informazioni segrete o il russo ha tradito i suoi, consegnandoci materiale segreto.
- Più probabile la seconda ipotesi, visto come è andato il primo contatto, ma ti sbagli - lo corresse il Direttore - quando dici “consegnandoci”, perchè grazie alla dabbenaggine dei tuoi due agenti, la consegna è stata fatta solo a Barbacane, mentre noi eravamo a spasso per i prati della Villa.
- E’ plausibile, ma allora se il materiale consegnato riveste una notevole importanza, questo significa che Barbacane è in pericolo....farò erigere una cinta muraria di protezione intorno a lui!
Una luce rossa dell’apparecchiatura che aveva sulla scrivania cominciò a lampeggiare, il Direttore sollevò il microfono e una voce femminile lo avvertì - E’ una chiamata dall’Ambasciata russa, ma non è il solito resident, mi ha detto però che parlava a nome di Ivan.
- Me lo passi tra un minuto - ordinò il Direttore, poi rivolto a Rapisarda - Lasciami solo, ma mettiti bene in testa che quello che dovrai o non dovrai far erigere te lo dico io, e io soltanto mi sono spiegato?
Rapisarda si alzò rapidamente, accennò un assenso con il saluto militare e sparì.
*****
La Delta rossa aveva da poco superato L’Aquila e Argenti continuava a guardare il contachilometri che segnava 190 Km all’ora.
- Di questo passo tra poco entriamo in orbita.
- Stai tranquillo, conosco quest’autostrada come il cortile di casa, e poi ho troppa fretta, devo vedere cosa c’è dentro i due CdRom.
Argenti si assicurò per la terza volta che la sua cintura di sicurezza fosse ben aggangiata e si voltò indietro, - Anch’io sono più che interessato, e ti ringrazio di avermi portato con te ....
- Mi sei necessario, se lì dentro - e Barbacane indicò la borsa sul sedile posteriore - ci sono le informazioni e le rotte di cui mi ha parlato Valodia, dobbiamo escogitare una strategia efficace e soprattutto dobbiamo valutare di chi possiamo fidarci.
Argenti assentì, poi si voltò di nuovo indietro. - E’ strano: i nostri angeli custodi dell’Alfa verde prima de L’Aquila sono scomparsi.
- Avranno bucato o si saranno fermati per prendere un caffè.
Argenti si tolse gli occhiali e li pulì con un grande fazzoletto rosso - Non lo ritengo probabile, non si dovrebbero staccare dalla nostra coda - si voltò ancora - e invece dopo lo svincolo per L’Aquila sulla nostra coda c’è quel grosso camion che fila quasi quanto noi.
- Sei sempre stato prudente e guardingo tu, anche da giovane, figurati quando sarai un vecchio sindacalista in pensione...
Argenti sorrise - E’ che conto di arrivarci, ad essere un vecchio sindacalista in pensione.
I due si guardarono ridendo mentre l’ingresso del tunnel del Gran Sasso inghiottiva l’auto rossa lanciata in velocità.
Barbacane accese gli anabbaglianti, poi si ricordò che non funzionavano - Non ho fatto a tempo a portare la macchina dall’elettrauto, questo tunnel, comunque, ha un’illuminazione fantastica, è il tratto della deviazione verso il laboratorio che ha una illuminazione più fioca.
- Si me lo ricordo dall’altra volta. - Argenti si voltò ancora indietro - Il camion ha perso terreno, e dell’Alfa verde non c’è più traccia.
- Non ti preoccupare siamo quasi arrivati, là c’è lo svincolo per il laboratorio......strano il semaforo è spento, oltretutto è pericoloso perché...
Il tunnel improvvisamente piombò nel buio più totale e Barbacane riuscì a fare una lunga frenata - Accidenti. Un black out sotto il Gran Sasso! Adesso si che siamo nei guai, hai una torcia o un accendino?
- Se non avessi smesso di fumare cinque anni fà -rispose sconsolato il sindacalista - adesso noi due avremmo una risorsa e io mi fumerei una fantastica sigaretta in questo ventre buio.
Filippo si portò meccanicamente le dita alle labbra e aspirò una boccata d'aria, riusciva a mala pena a distinguere la sagoma dell'amico e i contorni del cruscotto. Erano piombati nel buio assoluto e anche nel silenzio più completo, una sensazione di totale estraneità li avvolgeva entrambi.
L'unica sirena in quel mare di oscurità era la voce dell'altro.
- Guarda! - lo interruppe Barbacane indicando nello specchietto retrovisore un'opaca, lontana luminosità - sta arrivando il camion.
I due scesero dall'auto con l'intenzione di fermare il mezzo e magari farsi prestare una torcia. Dietro a loro si stavano avvicinando i potenti fari del camion che finalmente rischiaravano un tratto del tunnel. Barbacane, quasi al centro della carreggiata, agitava concitato le braccia, ma non sembrava che il camion volesse rallentare.
- Levati da lì - gli gridò Filippo - ti sta venendo addosso.
Il camion era ormai diventato una massa nera e abbagliante che puntava verso i due uomini spaventati. Cominciarono a correre accostati alla parete destra del tunnel, inseguiti dai due coni di luce, superarono la Delta e puntarono verso lo svincolo per il laboratorio. Dietro di loro improvvisamente sentirono uno schianto metallico, un tonfo da fonderia.
E proprio come in una fonderia, il buio si colorò di migliaia di faville prodotte dal potente impatto del camion sulla Delta. La stava trascinando in avanti senza difficoltà fino all'imbocco con lo svincolo, dove i due amici si erano rifugiati.
- I due CdRom sono certo andati distrutti, - mormorò Barbacane - dovrò ricontattare Valodia, adesso vieni, cerchiamo di raggiungere il Laboratorio.
Davanti a loro c’era il tratto autostradale cieco a doppio senso che serviva alle macchine per accedere o per uscire dal Laboratorio, per mezzo degli ascensori che portavano al silos sotterraneo di parcheggio: Filippo Argenti prese per un braccio l'amico e lo costrinse a sdraiarsi sull'asfalto; dal camion erano scese due figure con le torce che a tratti illuminavano le pistole di grosso calibro.
Non si sentiva nessun rumore di passi, dovevano avere scarpe di gomma, e nel buio totale della galleria soltanto i fasci di luce indicavano che le due figure stavano pericolosamente avanzando.
- E' un tratto lungo meno di un Kilometro - stava parlando l'uomo a destra con una voce roca e profonda - ma non possono aver fatto molta strada con questo buio.
- Allarghiamoci, io ispeziono la corsia d'ingresso e tu quella d'uscita - gli propose la figura di destra con una voce femminile.
Il tunnel precipitò in un silenzio sospeso, i fasci di luce delle due torce ispezionavano minacciosi le due corsie stradali.
- Dobbiamo arrivare fino all'ingresso dell'ascensore, - propose bisbigliando Barbacane - se riusciamo in qualche modo a raggiungere il laboratorio possiamo dare l'allarme al Servizio di Sicurezza.
- Già, i tuoi potrebbero anche venirci in aiuto vista la situazione... per arrivare laggiù in silenzio è meglio che ci togliamo le scarpe, e, dato che ci siamo, proviamo a scagliarle lontano in modo da costringerli a usare le armi.
I due amici si sfilarono le scarpe, si rialzarono e procedettero in avanti nell'incertezza del buio, poi si voltarono e scagliarono lontano le due paia di scarpe.
Immediatamente echeggiarono alcuni colpi di automatica mentre i fasci di luce cercavano il bersaglio.
- Si sono tolti le scarpe, hanno voluto farci sparare - disse Voce roca - evidentemente sperano nell'aiuto degli uomini del laboratorio; dobbiamo trovarli presto, il black out che abbiamo provocato potrà durare altri cinque minuti, poi gli ascensori torneranno in funzione.
- Stai tranquillo - gli rispose Voce femminile - questo posticino, così adatto, sarà la loro tomba.
Barbacane e Argenti continuavano a camminare in silenzio, a tratti fendevano l'aria con le braccia per evitare inesistenti ostacoli.
Filippo Argenti si avvicinò all'amico e gli domandò sottovoce - Che dici, ce l'abbiamo una speranza?
- Ci ho pensato. Una sola. E tra pochi metri la verificheremo.
- Prova a dirmela subito.
Barbacane prese per un braccio l'amico e affrettò il passo, con un filo di voce spiegò.
- A quest'ora le piattaforme degli ascensori sono tutte in basso a livello dell'ingresso nel parcheggio del laboratorio, quindi, davanti a noi, a livello stradale, ci sono i contrappesi sulle guide. Dobbiamo attaccarci a loro, risalire lungo la fune che collega il contrappeso alla carrucola motrice ed arrivare fino alla cabina del motore.
Nella cabina c'è una botola per le ispezioni d'emergenza proprio accanto all'unità di controllo, una volta lì dentro saremo al sicuro e non ci troveranno più.-
I loro occhi si stavano appena abituandosi al buio, quando riuscirono a scorgere l'ingresso dell'ascensore, una grande apertura larga quanto le due corsie stradali. Si avvicinarono prudentemente.
- Professore, ma ti rendi conto che per agganciare i contrappesi dobbiamo fare un salto nel buio fino alla parete di fronte all'ingresso?
Argenti aspettò invano la risposta, Barbacane stava ispezionando palmo a palmo l'ingresso - Un salto nel buio si, ma non tanto lungo. Speriamo di essere fortunati e di trovarli vicino.
I due si affacciarono sulla parete d’ingresso rimasta aperta. La luce delle torce si stava pericolosamente avvicinando, non riusciva ancora ad illuminare il tunnel fino in fondo, ma era ormai questione di pochi istanti.
- Eccoli lì, li vedi i contrappesi?
- Li vedo, li vedo - rispose Filippo Argenti - e vedo anche che la fune metallica dove ci dovremmo arrampicare è terribilmente scura e lucida, certamente di grasso, se a questo aggiungi che è dai tempi della palestra del liceo che non mi arrampico lungo una fune....
- Filippo, non abbiamo scelta, io salto sul secondo contrappeso. Tu su questo più vicino.
Barbacane si slanciò e riuscì ad afferrare il contrappeso puntando i piedi contro le guide.
In quel momento un fascio di luce illuminò debolmente la piattaforma, un colpo d'automatica echeggiò secco e nello stesso istante anche Filippo Argenti si lanciò.
- Ti hanno colpito?
- No, ma morirò tra poco scivolando lungo questa fune...
Di colpo il tunnel s'illuminò completamente.
Argenti e Barbacane guardarono terrorizzati le due figure che a poche decine di metri con il braccio teso prendevano accuratamente la mira.
Improvvisamente i due contrappesi iniziarono a scendere lungo la guida proprio nel momento in cui venivano esplosi due colpi, seguiti da altri due.
I due contrappesi scesero velocemente e la piattaforma salì. Sulla piattaforma salì, fino al livello stradale, una squadra di tre uomini del Servizio di Sicurezza comandata da Rapisarda.
Uno dei tre uomini fu centrato in pieno torace, gli altri due si gettarono sul pavimento della piattaforma esplodendo a loro volta una gragnuola di colpi.
- Almeno uno dei due, vivo - tuonò Rapisarda.
In lontananza nel tunnel nessuno rispondeva al fuoco, un uomo giaceva a terra, in una pozza di sangue, mentre l'altra figura correva verso l'autostrada.
- Lo vado a prendere - disse sollevandosi Scantia, scattò in avanti e iniziò l’inseguimento. L’altra figura era già arrivata in fondo al tunnel dove c'era la Delta schiantata e con un balzo salì sul camion.
Scàntia lo vide sistemarsi sul posto di guida, calcarsi la visiera del berretto sugli occhi ed accendere il motore.
Allora si afferrò con la mano sinistra il polso destro, prese con calma la mira ed esplose un solo colpo.
La figura si accasciò sul volante con il petto premuto contro il clacson.
Un suono assordante rimbombò nel tunnel.
*****
Gli uomini del Servizio trasportarono quel corpo leggero fino all'infermeria del laboratorio, la pallottola doveva avergli frantumato la clavicola della spalla sinistra e per il dolore era svenuto. - Ti avevo detto vivo - grugnì Rapisarda.
- Ed è vivo - rispose Scàntia, guardò l'infermiere che lo adagiava su un lettino, gli si avvicinò e gli tolse il berretto. La capigliatura nera e ricciuta esplose intorno al viso.
L'infermiere sbottonò la camicia nera intrisa di sangue in corrispondenza del colpo, non c'erano dubbi: era una donna e si stava riprendendo.
- Ah, sei tu! - esclamò Rapisarda.
La donna lo guardò beffarda e serrò le labbra per il dolore. Scàntia alzò in aria l'indice della mano destra, lo avvicinò al volto della donna proprio in mezzo agli occhi poi lo spostò velocemente verso il punto della ferita e premette con forza. La donna non riusci a trattenere un urlo.
- Lascia stare - ordinò Rapisarda - disponi piuttosto perchè la fotografino e le prendano le impronte digitali, subito, e trasmettano i dati alle Questure. Voglio sapere tutto di lei....tutto quello che ancora non so.
- Sono sicura anch'io che scoprirai qualche cosa - l'interruppe la donna - ma se aspetti che io ti aiuti in qualche modo, sbirro, t'illudi alla grande.
Scàntia sollevò nuovamente l'indice insanguinato.
- E invece si che ci aiuterai, bella mia, tu sei solamente una killer, ci dovrai dire chi ti ha pagato per far fuori un fisico nucleare.
Stavolta il colpo sulla spalla fu secco e la donna si contorse per il dolore. - Porco, non riuscirai a farmi collaborare con chi ha ucciso il mio uomo siete pazzi!
Rapisarda s'avviò verso la porta lanciandogli un'ultima occhiata - Lo farai, lo farai, te lo garantisco.
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