La donna sobbalzò e si svegliò d'improvviso, le sembrò di aver avuto un incubo. Si guardò intorno e si rese conto che il suo incubo continuava: era in una stanza d'ospedale con le manette che le assicuravano i polsi alle sbarre laterali del letto. Nell'avambraccio sinistro c'era l'ago di una fleboclisi che in alto sopra di lei gocciolava lentamente. Il suo uomo era morto, era accaduto ormai da due giorni in quel maledetto tunnel, si, due giorni in cui aveva pensato soltanto alla sua vendetta.
Il dolore alla spalla aveva dei momenti di forte intensità e ora si rendeva conto che era stata una fitta a risvegliarla cosi all'improvviso. Si guardò la benda sulla spalla sinistra e desiderò toccarsi la ferita; non era riuscita a capire quanto fosse durata l'operazione, ma una cosa era certa, che si trovava in quella stanza da due notti.
Adesso era certamente mattina, i rumori che le provenivano dal corridoio dell'ospedale erano i tipici rumori del risveglio. Avrebbe voluto accendere piano una radio, bere un caffè, fumare una sigaretta e carezzare il suo Momo ancora addormentato... ma il pensiero ripiombò nel tunnel sotto il Gran Sasso. Girò la testa di scatto e fissò le robuste grate della finestra.
La porta si aprì.
- Mi deve venire proprio dietro anche quando devo cambiare il flacone della flebo? -
Un'infermiera spazientita cercava di contenere l'interessamento di un poliziotto.
- Sono gli ordini del Questore in persona. Nessuno può rimanere solo con la prigioniera, neanche i medici.
L'infermiera sbuffò, si avvicinò alla flebo, tolse e sostituì il flacone vuoto con l'altro che aveva portato - Ha dormito bene, signorina?
Maddalena Muttìa guardò la bionda infermiera, era fasciata nel camice stretto e ben fatta; il poliziotto la divorava con gli occhi.
- Grazie, ma vorrei la colazione, sono due giorni che non mangio, qualcosa di solido, possibilmente, pane, formaggio, prosciutto.
- Tutto con posate di plastica - ordinò il poliziotto con una forchetta e un coltello, l'Orca assassina sarebbe capace di sbudellarci.
L'infermiera lo guardò irritata e si abbottonò il primo bottone del camice - Tanta paura per una donna appena operata...
Nel riquadro della porta comparve un uomo giovane, un po' meno di 30 anni, biondo con una camicia azzurra e una cravatta gialla.
- Sono Davide - disse diretto al polioziotto.
Questi lo guardò e accostò la mano destra al calcio della Beretta che aveva nella fondina, l'altro estrasse un documento dalla tasca della giacca con esagerata lentezza, mentre guardava diritto negli occhi Maddalena Muttìa.
- So che devo collaborare con lei - disse l’agente uscendo dalla stanza - meglio così, sono contento, non mi piaceva che avessero destinato una sola guardia dietro questa porta... anche se il posto è sicuro - aggiunse voltandosi verso l'infermiera.
La giornata trascorse tranquilla, la donna fece una colazione leggera e un altro solo pasto, ma si sentiva in forze, il fisico robusto e il rancore cupo che covava, le davano un'espressione dura.
Verso sera il prof. Tomassi, il chirurgo che l'aveva operata, irruppe nella stanza accompagnato da Davide e dall'infermiera.- L'operazione è riuscita perfettamente signorina, abbiamo provveduto, dopo l'estrazione del proiettile a trattare la frattura della sua clavicola sinistra con una staffa avvitata, che in un secondo momento, dovrà essere rimossa. Tra due o tre giorni sarà dimessa da questo nosocomio e condotta in un carcere di massima sicurezza, regolarmente dotato d'infermeria per le ultime cure del caso. - L'uomo s'intenerì e guardò le manette che serravano i polsi della sua paziente - E' una misura ridicola e dannosa sul piano clinico. Infermiera si faccia consegnare le chiavi, liberi la paziente dalle manette e prepari un’altra flebo sul braccio destro.
Davide consegnò le chiavi delle manette all'infermiera e si sedette su una sedia accanto al letto. Il prof. Tommasi guardò la cartella clinica aspettando che l'infermiera ultimasse tutte le operazioni, poi uscì con un cenno di saluto rivolto a Davide e alla paziente.
- Ho visto un programma in televisione anni fà, mi pare si chiamasse "La fattoria degli animali", in cui c'era una sequenza terribile: un'orca usciva all'improvviso dal mare, afferrava un piccolo leone marino che dormiva sulla spiaggia accanto alla madre e, sfruttando la risacca con incredibile tempestività, riguadagnava il mare aperto, agitando la coda.
Davide non s'aspettava che Maddalena replicasse, così la guardò a lungo, in silenzio, mentre si massaggiava i polsi e scrutava la flebo. - E' un animale carnivoro, la natura lo ha dotato di denti formidabili - disse la donna digrignando i suoi - con predilezione gastronomiche del tutto particolari: si nutre di foche, leoni marini e beluga. E' vero, prende le sue vittime non solo in mare aperto, ma anche sulla spiaggia.
Davide si alzò fingendo di rabbrividire per la paura. - In quella trasmissione facevano vedere anche come le orche siano capaci di affetto, soprattutto verso i loro piccoli e capaci di relazioni intelligenti...
- Con i propri simili - l'interruppe Maddalena, si sollevò appena sul letto e guardò l'uomo dritto negli occhi.
Davide le aggiustò uno dei due cuscini dietro la schiena. - Come va la spalla?
- Duole, ma non molto. A tratti sento come un artiglio dentro. E' il vostro artiglio, ma un giorno me ne libererò.
- E' la placca acromioclaveare - ignorò la provocazione Davide, poi aggiunse mestamente - e tra un anno non servirà più e la toglieranno, ma in mare aperto non potrai più tornarci. Dovrai accontentarti di passare il resto dei tuoi giorni in un grande acquario, dove persone come me, due volte al giorno compaiono, ritti su una mensola e ti gettano cibo da un cesto. - Si alzò dalla sedia e cambiò tono - Chi ti ha pagato per uccidere Barbacane?
- E' presto per parlare di pentimenti e di sconti di pena, bel giovane. Sono ancora convalescente, lasciatemi prima guarire. Eppoi devo ancora divorare il pesce più grande della mia vita, almeno così mi `e stato promesso...un beluga.
Maddalena Muttìa sorrise e il volto incorniciato dai capelli neri e ricci le s'illuminò di una luce sinistra. Bella era bella, pensò Davide, era un peccato lasciarla scappare, fortuna che Fuoco e il prof. Tommasi le avevano messo un guinzaglio lungo, una microspia nella placca che consentiva di seguire i suoi movimenti anche a notevole distanza.
E ora il guinzaglio era nelle sue mani. Uscì lasciando la porta socchiusa; nel corridoio c'era una sedia appoggiata alla parete dove nei due giorni precedenti aveva stazionato una guardia, la scostò appena dal muro e mise lo schienale di traverso in modo da dare le spalle alla porta della stanza, anche se non completamente.
Le luci dell'ospedale si attenuarono e i malati nelle corsie e nelle stanze cercavano il sonno.
Maddalena Muttìa si sfilò l'ago dalla vena e un piccolo getto di sangue ricadde sul lenzuolo, silenziosamente scivolò fuori dal letto, si premette sull'avambraccio un batuffolo d'ovatta che era poggiato sul comodino.
In piedi si reggeva bene, si sentiva sufficientemente sicura nei suoi movimenti anche se non aveva ancora recuperato tutte le sue forze. Nelle braccia, in particolare, non aveva molta energia, l'energia che serviva per strangolare un uomo.
Staccò il tubicino con l'ago dal flacone della fleboclisi e se lo avvolse intorno alla mano destra, poi assicurò l'ago saldamente tra l'indice e il medio rivolto verso il palmo della mano. Era tutta la giornata che ci pensava, ma quella era l'unica arma di cui poteva disporre, eppoi cos'aveva da perdere? Tutta la riuscita del piano era affidata ad una scelta perfetta dei tempi dell'azione.
- Pronto, sono Davide - l'uomo stava sussurrando il suo nome in un cellulare, si era allontanato dalla porta della stanza per non farsi sentire - volevo una conferma degli ordini, Comandante.
- Hai paura? - gli chiese Fuoco.
- No...
- Dovresti averne, non so cosa farà, ma potrebbe strapparti la vita con un morso... Sii prudente e soprattutto se ti trovi a mal partito manda il piano della fuga a monte e prendi di nuovo il sopravvento.
- Si, il piano B - sbuffò Davide - ma per quanto sia terribile e pericolosa è pur sempre una convalescente, mi basterà fingere di essere stordito dopo il suo primo attacco e lei non penserà ad altro che a dileguarsi.
I due uomini tacquero, mentalmente ripassavano il piano A per trovare una falla.
- Sei disarmato?
- Si, comandante, stia tranquillo...
- Non mi chiamare, Comandante, figliolo. Nessuno è più solo di un agente in campo, non ci sono comandanti ne comandamenti, c'e solo la tua vita in pericolo. Ricordatelo.
- Volevo dirle - si fece coraggio Davide - che non sono d'accordo sul fatto di essere completamente solo. Le faccio un esempio: se adesso noi non chiudiamo il cellulare e solo io mi faccio vivo ad intervalli regolari...
- Accidenti! - esclamò Fuoco - sei in gamba Davide, avrei dovuto pensarci io, si vede che sto invecchiando, non mi tengo al passo con la tecnologia. Ti fai vivo ogni cinque minuti esatti a partire da adesso, troverai sempre qualcuno in ascolto da questa parte. E ora buona fortuna, figliolo.
- Grazie - rispose sorridendo Davide - ma non mi chiami più figliolo.
Si rimise nella tasca interna della giacca il telefonino e andò a sedersi sulla sedia vicino alla porta, studiò a lungo la sua posizione e si accese una sigaretta.
A piedi nudi Maddalena Muttìa si era avvicinata alla porta della stanza, era un'azione disperata, le difficoltà che avrebbe incontrato dentro e fuori l'ospedale erano innumerevoli, però doveva tentare.
Una volta ristretta in un carcere di massima sicurezza qualsiasi tentativo d'evasione sarebbe stato infinitamente più difficile.
Guardò l'ago corto ma robusto, che aveva nella mano e scostò lievemente la porta.
Quell'uomo era imprudente, simpatico e imprudente. Se ne stava seduto a fumare dando quasi le spalle alla porta.
Ecco aveva finito la sigaretta e l'aveva spenta per terra schiacciandola con il tacco. Era un peccato vendicarsi proprio su di lui - e non sull’altro che aveva ucciso Momo - ma le avrebbe certo fatto più simpatia da morto che da vivo e per l’altro c’era tempo.
Guardò il corridoio da tutte e due le parti, una luce fioca lo illuminava debolmente.
L'orca assassina varcò la porta e scivolò lungo il muro alle spalle di Davide.
L'uomo vide in un lampo un braccio balenargli davanti e senti una violenta puntura nel collo, all'altezza della carotide.
Riuscì ad afferrare il polso della donna scostandolo e si gettò a terra riverso; l'arteria nel collo gli pulsava dolorosamente e un fiotto di sangue inzuppava ormai il suo viso .
Sentì la donna che lo tastava sotto le ascelle e in vita alla ricerca di una pistola. Seguì un lungo, terribile attimo in cui non accadde nulla, poi la intravide mentre si allontanava.
La vita stava lentamente abbandonando Davide, una vita breve e intensa piena di promesse, un grumo di anni che si stava coagulando.
- Davide, è il sesto minuto, rispondi... Davide rispondi. - Nelle orecchie sembrava che gli ronzasse la voce del suo Comandante.
*****
Il Direttore si muoveva raramente dal suo Ufficio, era sempre stato convinto che solo da quel luogo si potessero tirare i fili per ottenere la tessitura desiderata. Anche da giovane era riuscito a limitare le sue azioni sul campo, più spesso era stato impegnato nei vari settori del Servizio che adesso, tanto autorevolmente, dirigeva.
Ma ora era lì, sul castello di prua di una nave militare, in navigazione nel breve tratto di mare che separa il golfo di Napoli dall’isola di Capri, a godersi la splendida giornata di sole e a scorrere il manuale del Codice internazionale dei segnali.
Anni addietro era stato proprio lui, in omaggio alla sua provenienza dalla Marina militare, a far adottare, per i messaggi tra il centro comunicazioni del Servizio e gli agenti in campo le lettere e le cifre del codice.
Ora nell’era delle telecomunicazioni, quel mondo fatto di segnalazioni sonore, ottiche o radiotelefoniche, rimandava inevitabilmente solo un sapore di avventure del passato, come sottolineava lo stesso nome dei segnali : Romeo Papa Tango, Alfa Bravo, Bravo November, Whiskey Alfa.......
Ma, all’epoca, aveva funzionato, nonostante l’iniziale scetticismo dei suoi superiori. Gli avevano subito opposto che il Codice era troppo noto e che sarebbe stato facile per il nemico decrittarlo e abbinarlo alle circostanze; ma lui pazientemente aveva spiegato loro che il significato vero della comunicazione non era certamentequello indicato nelle tabelle del Codice, (“lo avevano preso per un imbecille!”) ma quello scaturente da una seconda decrittazione del messaggio operata dal Centro. All’analisi del nemico i segnali avrebbero dichiarato una verità evidente che conteneva e celava una verità nascosta e segreta .....proprio come nella realtà!
Il sole gli stava scottando il viso e l’aria di mare gli riempiva i polmoni, dopotutto quella “gita” aveva i suoi lati piacevoli.
Si infilò gli occhiali da sole e guardò i Faraglioni ritagliati su quelle straordinarie tonalità di blu del mare e del cielo di Capri.
Il motoscafo da lui atteso si stava avvicinando alla murata della nave. I suoi occhi tornarono sul Codice, voltò pagina e trovò i segnali tra rompighiaccio e navi assistite.
Era il gruppo di segnali che aveva usato alla fine degli anni ‘70 per comunicare con la rete dei suoi agenti oltre la cortina di ferro. Scorse con l’indice i vari segnali sorridendo:
Y-.-- Tenetevi pronti a prendere il cavo di rimorchio
Q--.- Accorciate le distanze tra le navi
J.--- Non mi seguite procedete lungo il canale aperto nel ghiaccio
Le sue “navi assistite” dovevano rispondere soltanto per rendere evidente la possibilità o meno di eseguire l’ordine del “rompighiaccio”.
Poi, con gli uomini più sicuri della sua rete, escogitò una deviazione del segnale.C’erano delle occasioni particolari in cui non era opportuno che il Centro comunicazioni del Servizio venisse a conoscenza del reale significato del messaggio attraverso le seconde decrittazioni: la verità nascosta poteva essere troppo scomoda per la rotta che voleva seguire il rompighiaccio. E allora i suoi agenti più segreti sapevano che le lettere e le cifre del codice erano inviate solo ad uso e consumo del Centro, ma che il vero significato del segnale inviato era, allo stesso tempo semplice e intuitivamente metaforico:
4....- Fermatevi. Sono bloccato dal ghiaccio
H.... Mettete le macchine indietro
Questo gli aveva consentito di mantenere i suoi segreti nell’organizzazione che ora dirigeva. Certo, ormai, si era potuto permettere di ampliare la sfera dei suoi segreti e delle sue deviazioni, ma c’era il Comandante Fuoco che si era messo in testa di far rotolare quella sfera e di infrangerla....
Il motoscafo aveva attraccato e Fuoco era salito sul cassero di poppa.
Il Direttore chiuse il manuale, si levò gli occhiali da sole e lo aspettò.
- E così il suo uomo è morto.
- Questa mattina presto, dopo una settimana di coma, Davide ha cessato di vivere, - Fuoco guardò negli occhi quell’uomo gelido e aggiunse - ne sento intera tutta la responsabilità.
- Indubbiamente. Ma non c’è solo questo: il suo piano era dilettantesco e votato al fallimento.
Una giovane e promettente vita è stata da lei esposta inutilmente nell’improbabile ipotesi che la killer ci portasse dai suoi committenti.
- E’ successo altre volte. Gli assassini debbono essere saldati e alla fine del contratto, prima o poi, riallacciano un’ultima volta il rapporto....
- Ma stavolta non poteva succedere - lo interruppe il Direttore - come di fatto per tutta questa settimana non è successo. Non poteva succedere semplicemente perchè la Muttìa ha fallito la sua missione: non è riuscita a intercettare Palla di neve e non ha ucciso il nostro fisico.
Come ha potuto pensare che la Muttìa ,con questi fallimenti alle spalle, si presentasse ai suoi committenti per riscuotere?
- L’orca assassina non ha mai lasciato le cose a metà - replicò Fuoco con asprezza - neanche in condizioni disperate. Dopo l’evasione avrebbe potuto riprendere contatto ed avere nuovi ordini, dopotutto è riuscita a distruggere i CD Rom che Valodia Tishka aveva consegnato a Barbacane.
Dovevano contenere informazioni di straordinaria importanza; ho interrogato a lungo il nostro fisico, lui è portato a credere alla buona fede dell’agente russo e quindi al fatto che quei CD Rom ci avrebbero potuto far estirpare un bel pezzo di tumore in questa parte del mondo.
I due uomini si fronteggiavano rafforzati dal loro odio reciproco.
- Ma non l’ha fatto, in una settimana non ha ripreso il contatto. Si è semplicemente nascosta nel suo rifugio segreto, finora sconosciuto - il Direttore indicò un punto lontano sull’isola, sopra il sentiero di Matromania - per evitare anzi di essere ritrovata dai suoi committenti e probabilmente soppressa.Un’orca assassinata, questo è il suo destino se non ce la riprendiamo noi, sa troppe cose e non può continuare a esercitare la sua micidiale professione...
Il Direttore alzò il binocolo che gli pendeva dal collo e lo puntò in direzione della villetta nascosta dai pini. -Tutta questa vicenda, da Lei condotta, è stata una colossale disfatta per il Servizio.
- Barbacane è vivo! - insorse Fuoco - Abbiamo accertato che non è un agente nemico. Tutti i riscontri che ho fatto effettuare sono univoci in questo senso: il suo sonno è stato tanto lungo e profondo da fargli dimenticare perfino i suoi sognisul comunismo. Quanto ad Ajdyn, il beluga bianco - Fuoco indicò con un gesto il grande tratto di mare verso la terraferma - ha ripreso ora a nuotare in mare aperto.Sono convinto che prima o poi sapremo ritrovarlo, dopotutto a Palla di neve non rimane altro che ricercare qualche suo vecchio agente in sonno e tentare, disperatamente, di risvegliarlo.
Il Direttore lo guardò commiserandolo - Sa bene, quanto me, che non lo ritroveremo noi per primi e che probabilmente la pesca del beluga è ridiventata l’l’obiettivo primario di alcuni ex colleghi di Ajdyn dopo la distruzione dei due CD Rom.
Aveva ragione, ma Fuoco non voleva certo ammetterlo, perchè la speranza gli sembrava ammissibile anche nel mondo tetro dello spionaggio.
- I CD Rom non sarebbero stati distrutti e Barbacane e il suo amico sindacalista non avrebbero rischiato la vita - gli replicò a muso duro - se la protezione di Rapisarda avesse funzionato a dovere.
- Incidenti di percorso, purtroppo comuni nel nostro mestiere. - Tagliò corto il Direttore - La nostra Alfa che li doveva seguire ha forato una gomma all’altezza de l’Aquila. L’hanno sostituita a tempo di record, ma Barbacane guidava come un pazzo e gli uomini di Rapisarda sono arrivati quando l’Orca aveva ormai sbarrato con il camion l’imbocco al tunnel del Laboratorio di fisica. Ma queste cose lei le conosce molto bene, perchè le ha chieste a Rapisarda e le ha controllate.
- Un incidente di percorso che ci ha fatto perdere tutte le informazioni che Ajdyn aveva consegnato a Barbacane - notò amaramente Fuoco.
- Ma che non ha compromesso il salvataggio della vita del suo fisico, - disse collerico il Direttore - si ricordi che sono stati gli uomini di Rapisarda a salvarlo e a catturare l’Orca che lei ha lasciato evadere.
La tensione tra i due aveva raggiunto il massimo livello, ma improvvisamente il Direttore distese il suo volto - Su una cosa dovrà convenire con me: ormai le uniche nostre carte sono le informazioni che sapremo riuscire a cavare da Maddalena Muttìa.
- Questo è certamente vero - ammise Fuoco - e ho tutte le intenzioni di cavargliele e di collegarle a quel poco che ha saputo il nostro fisico dal colloquio con Valodia a Villa Doria Pamphili.
- E allora - concluse il Direttore - non le rimane che andare là e riprendersela - con quanti uomini effettuerà l’operazione.
Fuoco esitò un attimo - Da solo, l’Orca ormai deve aver capito molte cose, ha avuto tutto il tempo per riflettere, e deve aver capito che la sua vita è affidata a un nostro carcere di massima sorveglianza. Quindi non farà alcuna resistenza, anzi.....
Il Direttore lo guardò, si rimise gli occhiali da sole e lasciò vagare lo sguardo su quel tratto di mare solcato da imbarcazioni di ogni tipo .
- Lei è sempre stato imprudente, imprudente e avventato, ma, a questo punto della vicenda, giochi pure la sua partita.
I due uomini si lasciarono con un freddo e formale saluto, Fuoco ridiscese sul suo motoscafo, dirigendo verso lo scoglio del Monacone.
A meno di un miglio di distanza un fuoribordo cercava di non perdere la sua scia, al timone c’era un giovane vigoroso che aveva sistemato sotto un telone una lunga valigia nera, la tipica custodia di un fucile d’assalto.
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