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L'uomo di vetro
Recensione di Paolo Esposito
da "CRITICA LETTERARIA", N°54 – Loffredo Editore, Napoli
Opera prima, questa, a quanto è dato sapere, di due ministeriali, che si cimentano nel campo della narrativa, che oggi conosce in Italia una stagione abbastanza fortunata, dopo una fase di grigiore e di crisi. Ma il fenomeno è tutto da studiare, perché, sui caratteri di questa nuova narrativa, resta ancora molto da dire e solo il tempo, forse e un minimo di distanza cronologica potranno aiutare a formulare giudizi non troppo frettolosi e sommari.

L'uomo di vetro appare un testo ben scritto ed articolato, e denota, nei suoi autori, il possesso di una sicura tecnica narrativa. Diciamo subito che la vicenda narrata è quella di un sindacalista, politicamente impegnato, che si trova, suo malgrado, ad essere coinvolto, in qualità di investigatore e senza alcuna garanzia o copertura, in un'aggrovigliata e torbida vicenda di collusioni tra potere politico e speculazione edilizia, che sfocia in tre morti (un suicidio e due omicidi). Non si tratta però di un vero e proprio «giallo», nemmeno di quelli il cui protagonista, come in questo caso, è un uomo comune, insicuro e tormentato, ma è possibile parlare di romanzo tout court. È un romanzo d'azione, ma non mancano i risvolti psicologici o quelli sentimentali, politici, ideologici. Notevole, come si diceva, l'abilità nello strutturare e nell'amalgamare le varie parti della storia, che appare costruita con la rapidità e l'essenzialità rappresentative della tecnica cinematografica, tanto da far pensare molto spesso ad una vera e propria sceneggiatura.

C'è qualche segno che tradisce qualche eccesso di bravura, un compiacimento un po' didascalico, un voler troppo dire anziché suggerire, esplicitare più che lasciar intuire. Lo stesso nome del protagonista, Filippo Argenti, è troppo vistosamente carico di implicazioni letterarie, e la vicenda storica che fa da cornice al racconto è descritta con eccessiva dovizia di particolari e troppo legata alla cronaca e alla reale fisionomia della Roma degli uffici e dei ministeri.

Migliori le rapide descrizioni della provincia (il Reatino), che si avvalgono anche di dialoghi in dialetto non privi di freschezza e di vivacità. E i dialoghi, appunto, sono i protagonisti assoluti del libro, al quale conferiscono un ritmo serrato e incalzante, una freschezza ed una vivacità notevoli. È, questo, un libro che si legge agevolmente e con piacere, ricco di personaggi, vicende, colpi di scena, un libro godibilissimo, tutto da leggere, tutto da «vedere». Come punti di riferimento immediati, si potrebbero indicare i fortunati prodotti della coppia Fruttero-Lucentini, ma anche, su un piano diverso, un'opera come Il giocatore invisibile di G. Pontiggia e, più di recente, anche per la vivacità ed il ritmo dèi dialoghi, il Pascutto di Strana la vita.

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